Il flusso sonoro dei Joe Leaman è costante, non si interrompe, è una sicurezza nel panorama italiano. Quel tocco rock, seppur classicheggiante, è una sicurezza, il sound del gruppo emiliano, di cui è rimasto della formazione originaria solo il leader Giancarlo Frigieri, è là presente, imperturbabile al passare del tempo ed al succedersi delle mode, rassicurante, un bel posto dove rifugiarsi in certe giornate autunnali, nel quale è dominante la metereopatia. In questo quarto lavoro, il trio si è spostato dal forte legame con il Paisely Underground, che nei primi Cd li caratterizzava per spaziare lungo tutto il rock più chitarroso, in ogni modo da ballad, tuttavia resta centrale il riferimento a Dream Syndicate, Green On Red & soci, come in “One on three (not bad)”. Qua e là si avvertono sprazzi del rock-soul sudista tanto caro ai Black Crows, talvolta con in prevalenza le chitarre acide (“Alice’s dreamin’”), altre volte miscelato con il pop-rock di “The way we dance”. A loro modo omaggiano la psichedelia nei diciotto minuti di “Everything makes a big noise fallin’”, nei quali i Joe Leaman amalgamano le elucubrazioni dei Pink Floyd, con i trip dei Greatuful Dead e le incursioni nel noise del Neil Young di “Weld”. Il trio emiliano non può prescindere dagli anni ’80, così se, nel loro dna hanno il Paisely Underground, nel loro cuore c’è un posto anche per gli alfieri del pop-noise Jesus and Mary Chain, omaggiati nelle ridondanze chitarristiche di “Free karate”. Complimenti alla Black Candy che è riuscita ad ingaggiare uno dei pochi gruppi italiani che meriterebbero di sfondare all’estero.
Autore: Vittorio Lannutti