Si chiama “Rainy Days” il nuovo lavoro del progetto Airportman: musica da ascoltare quando fuori piove, magari guardando l’acqua scorrere per le strade. In tutta solitudine e tristezza, per la gioia di chi vuole farsi del male gratuito.
Un disco interamente strumentale, che può essere definito post pop acustico, che fa uso di strumenti e rumori dando un taglio anche sperimentale alla cosa. Ma non basta. Sarà che forse l’assenza di cantato su un disco come questo comincia a pesare quasi da subito, sta di fatto che “Rainy Days” sembra un unicum che si dipana dall’inizio alla fine dei suoi undici episodi senza dare un minimo di dinamica. La sensazione è quella di appesantimento già alla quarta o quinta traccia.
Gli incastri sonori degli strumenti (chitarre acustiche, pianoforte, contrabbasso, harmonium e fisarmoniche) creano un fragile ma complesso mood che però resta sempre uguale a sé stesso: e la sensazione che il disco debba prima o poi decollare resta sempre là, fissa. Come la glacialità e l’immobilità di questi momenti strumentali. Solo alla decima traccia, “I Don’t Know Why”, arriva all’orecchio una voce umana ma siamo anche qui a livello di sottofondo: e nonostante questo siamo forse al migliore momento del disco, perché qui compare una dinamica e un sotterraneo ma efficace mordente.
Probabilmente chi scrive non è un amante della cosiddetta musica “post”: ma francamente un disco come questo pare un po’ troppo.
Autore: Stefano De Stefano