Lo si aspettava con una certa curiosità il terzo lavoro della formazione di Brooklyn (chissà perché le cose sfiziose vengono tutte da lì) dei Parquet Courts, Sunbathing Animal, il disco che – ad una attenta analisi – pare non fare a meno dei tiraggi sonori di certi Pavement, ma non per questo libero da legacci e strabordante di chitarre, ritmi canaglia e – per non essere da meno – lontani apparentamenti con gli Strokes agitati giusto per fare quadra completa di una band che si fa notare benaccio nell’ambiente torbido e appariscente dell’underground Youth America.
Il quartetto offre un quadrato di suoni e timbriche che mescolando punk, rock e neri seppia alla Velvet Underground – Raw milk, She’s rolling, Into the garden – ne tira fuori un compendio inneggiante ad una certa libertà espressiva che sembra stufa delle limitazioni o – ancor più castranti logiche – di seguire una linea marcata e “stilisticamente personale”, e nell’ottima sequenza dei brani proposti questa free form si sente tutta, dentro la sua energia, fuori della sua altrettanta esuberanza “storta”.
Ottima la strascinante e Reediana Dear Ramona, accaldata la corsa di Always back in town, deliziosamente appannata la ballata Istant disassembly, in definitiva una buona prova questa dei Parquet Courts, un terzo appuntamento discografico ufficiale (senza contare un Ep lo scorso anno) che – come veniva stigmatizzato dal vocalist Andrew Savage nel precedente Light up gold – può solo, e lo ha fa fatto – maturare “il nostro senso musicale verso la compensazione di una vita a pois”.
Rimane il fatto che non si sa come questa Brooklyn sforni band a ripetizione e …buone!
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autore: Max Sannella