La Konkurrent, l’etichetta olandese da alcuni anni responsabile di uno dei progetti più interessanti di tutto il panorama (la serie “In the Fishtank”, altrimenti detto: entra in studio e suona quello che ti pare!!), stavolta ha deciso di esagerare: Motorpsycho e la sezione fiati dei Jaga Jazzist insieme in studio per una all-star di free-jazz-rock norvegese.
La portata di questo che è il 10mo volume della serie si può facilmente evincere: i Motorpsycho, con decine di uscite nel corso degli ultimi 15 anni ormai, si sono distinti come una delle band (forse “la” band) più incredibile, fieramente indipendente, mutevole stilisticamente eppure coerente nella sua filosofia: menefreghismo verso il mercato facile di major e sotto-major (mai distribuiti in Nord-America: consideriamoci dei privilegiati rispetto al “grande fratello” per una buona volta!), sana “cultura dell’assenza” da scene modaiole (non ne conosco una diversa da quella di Trondheim, loro città natale, e pochi ne sapranno mai i nomi), da festival, da tour “griffati” (mai nessuno di spalla, tranne in rari casi, come quello, appunto, dei Jaga Jazzist, anche se in Norvegia). Solo duro lavoro di studio, tanti tour onesti, tante gigs memorabili. Il paradiso dell’arte, non solo musicale. Ultima uscita, lo scorso autunno, “It’s a Love Cult”, sempre e ancora sulla teutonica Stickman (ed è già ytanto, visti i loro tempi, che non pubblicano qualcosa di nuovo).
I Jaga Jazzist, eclettico collettivo (10 componenti) lounge-breakbeat jazz, hanno vita e fama più recente. Usciti per qualche tempo per la divisione norvegese della Warner, hanno poi sbarcato il lunario per la Smalltown Supersound, prima di firmare per la Ninja Tune (a conferma della loro pluri-attitudine) in europa e per la Gold Standard Laboratories negli states (loro sì). Ultima uscita “The Styx” lo scorso Maggio.
E veniamo a questo 10mo volume di “In the Fishtank”: il disco contiene molte idee che ricordano quelle sviluppate dai tortoise nel corso degli anni. L’irrealistico – ma possibile, a questo punto – mix di jazz (tanto Miles Davis che Coltrane, occhio), funk, soul, lounge, un tocco di rock’n’roll e qualche minuto di bizzarra elettronica tedesca 70 è eseguita alla grande. ‘Pills, Powders and Passion Plays’ (da “Angels and Daemons at play”, Motorpsycho annata 1997) suona come se Jim O’Rourke avesse registrato il suo EP “Halfway to a Threeway” con i Tortoise, con l’aggiunta di vocals da crooner. Il funk di ‘Theme de Yoyo’ non sfigurerebbe nelle “Iene” di Tarantino (ma nemmeno in “Jackie Brown). Il groove diventa più melodico e meno avvolgente in ‘Doffen Ah Um’ (riferimento non troppo sottile a “Ah Um” di Charlie Mingus). L’unica pecca dell’album – se tale si può considerare – è l’eccessiva lunghezza di ‘Tristano’, il brano conclusivo: 21 minuti, ma è solo dal nono, dopo una parte piuttosto ripetitiva, che esplode un incredibile parte di synth che richiama alla mente il meglio di Klaus Schulze e i suoi allievi. Il brano va presto in overdrive, un ammasso di caos e melodie dissonanti, riff chitarristici distorti, boati di fiati e rulli di tamburi, per i climax finale.
Da non perdere.
Autore: