Avevamo lasciato Mimi Parker e Alan Sparhawk con un maestoso box triplo che riassumeva la loro carriera come Low, quel “A Lifetime of Temporary Relief “ uscito a metà Luglio sulla loro stessa label Chairkickers Music. Un simile compendio lasciava presagire qualcosa oltre al semplice decennale di carriera: scioglimento? cambio di etichetta? Ecco, ci siete. Dopo oltre un lustro di accasamento presso la Kranky, i Low lasciano e approdano nel north-west, alla Sub Pop, loro terza etichetta dai tempi del debut album “I Could Live in Hope”, datato 1994 e pubblicato dalla Vernon Yard, marchio a distribuzione Caroline (negli States).
Ed è su Sub Pop quindi che i Low faranno uscire il loro nuovo, settimo album, in calendario nel 2005 ma il cui lavoro è orami già stato completato. Intitolato “The Great Destroyer”, il disco è stato registrato con l’illustre assistenza di Dave Fridmann. Ma Sparhawk ci tiene a precisare che non è il caso di aspettarsi da Fridmann il sound levigato già ascoltato sui lavori, sempre da lui prodotti, di Flaming Lips e Delgados: “le canzoni che abbiamo scritto sembravano adatte al suo stile e approccio, ma c’è pochissimo lavoro di orchestrazione e altre cose per cui Dave è conosciuto. Si tratta di un disco molto imperniato sulla chitarra, e dal sound più aggressivo dei precedenti – fors’anche più pop. Il sound di un disco poggia ancora molto sulle band che lo scrivono, al contrario di quanto pensano coloro che reputino “condizionante” la produzione di uno Steve Albini o, appunto, di un Dave Fridmann”.
Quanto al nuovo contratto discografico, Sparhawk ha visto nella Sub Pop “una delle poche etichette interessate a noi, e tra queste sicuramente la più coerente al punto artistico in cui ci troviamo. Sub Pop vuol dire più pubblicità sui magazine, miglior distribuzione forse, ma penso che nulla accada per noi finchè la gente non compra il disco. E il nuovo non si discosta, come metodo di lavoro, da ciò che abbiamo sempre fatto” (leggi: DIY approach).
Nel frattempo, oltre al triplo box cui si è accennato, i due concittadini di Bob Dylan (Duluth, Minnesota) sono stati di recente oggetto finanche di un tribute-album per il loro “lungo sostegno alla causa dello slow-core” (questa è mia), uscito negli states a inizio mese su Fractured Discs. Intitolato “We Could Live in Hope”, il disco ha visto la partecipazione di artisti/band come MARK KOZELEK, His Name Is Alive, Pale Horse and Rider, Migala, e Idaho. Brani loro, pare, non cover. Un fischio se erro, please…
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