E rieccoci con l’indie pop e con le sue storie appuntate tra melodico e latente nostalgia, quello proposto nel secondo Ep Non basta vivere dei lombardi The Ophelia’s Nunnery, cinque tracce di sensibilità e scavi interiori raccontati con ritmo e riflessioni, ma anche col tocco cantautorale che la band trascina e incanala in un ascolto tutto sommato non male – con molte migliorie ovviamente da tenere presenti per cantieri sonori futuri tipo più incisività e ricerca oltre i limiti imposti dal genere – e che premia perlomeno il senso di “provarci” in un maremoto underground che ingoia e fagocita qualsiasi proposta che sia proposta.
L’Inghilterra poppyes è presente in tutta la circonferenza del disco, esibendo il “british touch” come un amuleto protettivo che irradi polvere e carisma lungo la tracklist, tracce che comunque parlano schietto, semplice e reale, in italiano e senza la spocchia che prende le formazioni già al secondo lavoro, un disco che dopo uno, due, tre giri di lettore stereo si stampa in testa e ti trovi a dargli confidenza come ascoltando un amico vicino e sincero. Lo shuffle funkeggiante che balla in Il rumore del passato o la ventata in levare che ciondola col fiato ska dentro Solo mostri possono bastare come antipasto di tutto il resto, come anteprima del lavoro di una band che – col raddrizzamento di certi tiri leggermente fuori fuoco – potrebbe, può “fabbricarsi” una credibilità netta in surplus di quella – a lordo – che già detiene.
Ogni disco ha la sua particolarità, qui è quella della voce che ricorda in maniera impressionante quella di Raf.
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autore: Max Sannella