Gustosamente sorprendente: così si potrebbe definire il quinto album di Thao & The Get Down Stay Down, la band di San Francisco originariamente proveniente dalla Virginia. Se non fosse che alla quinta prova i fan hanno imparato bene a conoscere quanto spumeggiante può essere la musica della intrigante cino-americana Thao Nguyen (voce e chitarra) che insieme con Adam Thompson (voce basso e tastiere) sono quanto resta del gruppo che inizialmente reclutava anche Frank Stewart e Willis Thompson, con i quali la band ha visto gli esordi di Like the Linen e We Brave Bee Stings and All.
Il folk di quegli esordi, ispirato a Lilith Firth e Joaanna Newsom, si è evoluto nel corso degli anni e degli album, e dopo Know Better Learn Faster di quattro anni fa, oggi con We the Common si presenta completamente stravolto e rinnovato, al punto che i critici hanno trovato per il genio di Thao la definizione, appropriatissima, di alternative folk.
Ascoltate l’intro a colpi di banjo della title track We the Common, seguiti da tastiere e archi taglienti, e capirete di cosa si parla (e vi giungeranno echi degli ora introvabili Kings of Convenience). E se non dovesse bastare, l’incredibile voce di Thao, profonda, maschile e contemporaneamente dolce e sensuale, vi introdurrà in un mondo musicale davvero gustosissimo e pieno di sorprese. City, per esempio, già disorienta l’ascoltatore appena dopo l’inizio: una chitarra elettrica e la voce distorta ci introducono in un ambiente rock, mentre We don’t Call è un quasi-blues alla E-street Band vecchi tempi. The Feeling Kind è invece un gran tributo al folk-pop al femminile, da Joanna Newsom (che ha fornito la sua collaborazione all’album, fra l’altro) a Jodi Mitchell, che poi nel finale regala “assoli” di trombe alla Tom Waits. E fin qui, fra archi, chitarre elettriche, trombe e fiati, ce m’è già abbastanza per stupire chi ascolta e per convincersi che Thao è un genio musicale che sa andare ben oltre la sua ispirazione folk.
E arriva a questo punto il singolo, Holy Roller, gioiosa e accattivante come un singolo deve essere, anche se meno creativa e originale come spesso i singoli sono.
Il folk puro e semplice compare per la prima volta alla track 6, con la dolcissima ballata a doppia voce Kindness Be Conceived, vero capolavoro di semplicità e classicità.
L’album perde qualche colpo con qualche pezzo incompiuto, che si muove incerto fra i generi, come The Day Long, o Clouds for Brain, dai ritmi troppo lenti, ma nemmeno il tempo di accorgersene e arriva un blues elettrico come Move, o una frizzante Every Body, per concludersi più che degnamente con Human Heart e Age of Ice.
Di questo piccolo gioiello Thao ha detto: “c’è un senso di rinascita e di gratitudine dentro il disco che aggiunge vitalità al tutto”. E non si può che essere d’accordo, visto che gioia, energia, vitalità sprizzano da ogni nota e da ognuno dei tantissimi strumenti utilizzati nel disco, tanto che il duo sembra essere un’intera orchestra splendidamente assemblata.
Peccato che il tour di Thao preveda tappe solo americane: viene da chiedersi quanta energia si potrebbe gustare dal vivo, se solo il pubblico italiano fosse più preparato e capace di accogliere un folk post-moderno e assolutamente attuale come quello di We the Common, che a dispetto del suo titolo è un album decisamente fuori dal comune.
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autore: Francesco Postiglione