L’ennesima resurrezione del gruppo di Mayo Thompson ce l’eravamo già goduta – dopo il disco ‘Singles’ del 2004 – in Autunno, quando il tour mondiale di una piccola leggenda underground nata alla fine degli anni 60 sulla scia dei suoni di Mothers of Invention e 13th Floor Elevators – ed a più riprese riapparsa alla ribalta come un fantasma, in questi 38 anni e 12 dischi ricchi di cambi di formazione – aveva toccato anche l’Italia con alcune date strepitose (memorabile il tutto esaurito di Napoli…).
Questo “Introduction” segna però delle novità, ed il gruppo si distacca nettamente da quanto offerto nei live set: messe da parte sia la tradizionale spigolosità, sia buona parte dell’avanguardia zappiana cui tra i primi si ispirarono (che pure fa capolino in ‘It will Be Delivered’ e nella bella ‘Psy Ops’), sia – va detto – messa da parte l’esibizione funambolica a tutti i costi di doti tecniche non comuni da parte del vecchio Mayo alla chitarra e dei suoi più giovani colleghi, il gruppo ha lavorato sodo nello studio d’incisione di John McEntire (bassista dei Tortoise) a Chicago, raggiungendo un equilibrio invidiabile laddove nessuna componente va sopra le righe ed ognuno da il suo contributo personale.
Molto buona anche la ricerca sui suoni, specialmente per la scelta di porre spesso in primo piano la fisarmonica (ad esempio nello strumentale ‘Elegy’), che da un tocco “europeo” ad alcune composizioni.
Simpatica anche la scelta di riproporre una classica canzone americana per bambini: ‘Puff, the Magic Dragon’, che negli anni 60 fu portata al successo da Peter, Paul & Mary.
Steven Prina (voce, chitarra, piano), John McEntire (batteria, synth), Tom Watson (fisarmonica, basso) e Mayo Thompson (chitarra, voce), senza strafare si calano nel blues acustico dei più quieti lavori solisti di Lou Reed (‘Greasy Street’), nel noise dei Karate, nella psichedelia urbana dei Velvet Underground (‘Vexations’), ed una nota di merito credo vada a Mayo, un chitarrista che cerca ancora, vivaddio, la modernità, alla faccia di un suo coetaneo ormai imbalsamato come David Gilmour, che proprio in questi giorni esce con il solito disco privo di idee che cita se stesso da 15 anni almeno.
Autore: Fausto Turi