Greg Dulli (The Afghan Whigs e The Twilight Singers) si è sentito costretto ad esordire a nome proprio. Già perché dopo aver scritto i brani di questo album ha chiamato a raccolta i suoi compagni negli Afghan Wings per completarlo ma nessuno era disponibile a collaborare poichè impegnati in altri progetti; e così Dulli preso dall’urgenza creativa si è chiuso in studio e ha fatto tutto da solo. In effetti se avesse avuto qualcuno al suo fianco “Random desire” sarebbe riuscito meglio. Sia ben chiaro, è un buon disco ma ha molte incertezze. A prescindere dallo stile musicale, un pop, spesso orchestrale, scarsamente legato al rock, seppure di ottima fattura, in troppi episodi emergono delle difficoltà proprio nel cantato. Ascoltare, per credere, “Slow pan”. Inoltre in latri brani risulta derivativo come in “It falls apart” che con arrangiamenti di archi e un melodico evoca troppo gli Arcade Fire. Mentre in “The tide” la voce è estremamente vicina a quella di Elvis Costello mentre la chitarra e il funk di “Sempre” sono in pratica quelli degli U2 degli anni ‘80. Gli episodi migliori sono il rock vibrante e nervoso di “Pantomima” e le brevi circolarità mantriche che troviamo in “A ghost”. Con ogni probabilità un’occasione persa!
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autore: Vittorio Lannutti