Formatisi a Chelsea (Londra, Uk) nel 1977, quando ancora andavano a scuola e scimmiottavano gli Who, i TVP ricevettero la benedizione di John Peel, che suggerì loro il nome e trasmise diverse volte per radio il loro primi due singoli autoprodotti: ’14th Floor’ e ‘Where’s Bill Grundy Now?’; da allora inizia la piccola leggenda di Dan Treacy e della sua nervosa ed oscura band mod punk, che incide tra il 1980 ed il 1990 otto dischi in studio ed una miriade di 45 giri, dischi live e raccolte.
I TVP si reincarnano nel 2004 con una nuova formazione: ancora Dan Treacy (chitarra e voce, che parrebbe riemerso da problemi di droga e depressione) e il fido Ed Ball (basso), e poi Victoria Yeulet (voce) e Mathew Sawyer (batteria).
Questo ‘My Dark Places’ rende felice il piccolo ma tenace nucleo di fans che ancora oggi, cercate pure in internet per verificare, non ha dimenticato il gruppo. A Marzo, ad esempio, in UK è uscito un doppio disco di tributo ai TVP intitolato “Someone to Share my Life with”, e nella scaletta abbiamo scovato anche una ‘If I Could Write Poetry’ eseguita dal compianto Nikki Sudden.
I TVP mi fanno venire in mente i Clash, i Modern Lovers, i Television (gruppi loro contemporanei coi quali dividevano i palchi, attenzione, e dunque una volta tanto non semplici riferimenti del passato!), e anch’essi sono sempre stati un gruppo anomalo, inclassificabile, oscuro, nervoso: per questo motivo non raggiunsero il successo negli anni 80; la loro musica era ed è carica di psichedelia, disordine e trovate irritanti e situazioniste in stile Mothers of Invention (‘Ex-Girlfriend Club’).
Descriverli come “punk”, poi, è riduttivo in senso classico (mi sembra magari appropriato definirli “post punk”, espressione per altro nata molto tempo dopo di loro…), a causa sia dei volumi non troppo aggressivi, sia dell’abbondante ricorso a tastiere e pianoforte per arricchire il suono (‘I’m not your Typical Boy’), sia di testi che, a storie di perdenti e drogati (il singolo ‘All the Young Children on Crack’), alternano diverse ballate romantiche (‘Dream the Sweetest Dreams’ è superba, ‘’Knock it all Down’ davvero brutta); al contempo diciamo però che la voce di Dan Treacy è quanto di più simile ci possa essere a quella acida, sguaiata e stonata del primo Joe Strummer, e che la neopsichedelia ed il post punk contemporaneo debbono qualcosa a gente come Treacy e Ball. In proposito, ancora Treacy racconta di quando Kurt Cobain lo cercò in un back stage per stringergli la mano, ed egli neanche sapeva chi fosse.
Non si sono ancora estinti, dunque, “mod” e “rocksteady”: ascoltate canzoni come ‘My Dark Places’, ‘Velvet Underground’ o la ballerina ‘She can Stop Traffic’.
E per un loro vecchio “bootleg” intitolato tristemente “Mod is Dead”, ce n’è sempre un altro che orgogliosamente nel titolo ricorda: “I Was A Mod before You Was A Mod”!
Autore: Fausto Turi