Dieci anni e sembra passato un secolo. Dieci anni e sembra ieri. Nel 2001 del tragico 11 settembre che ha cambiato per sempre la nostra percezione della realtà, iniziava la straordinaria avventura musicale di una band che giocava proprio con la percezione della realtà. Modificandola in maniera visionaria e psichedelica. Già il nome, intrigante e lisergico, spiegava tutto: Baby Woodrose. Come la pianta hawaiana i cui semi hanno un potente effetto allucinogeno.
In quel 2001, l’ex On Trial Guf Lorenzen pubblicava per la sua etichetta personale Pan Records il primo album a firma Baby Woodrose: un lavoro in cui il gigante di Copenhagen faceva tutto da solo prima di trasformare quel progetto in una band vera e propria.
Dieci anni e una serie di dischi memorabili dopo (due su tutti: “Money For Soul” e “Love Comes Down”, presto ristampato sempre dalla Bad Afro), si celebra l’inizio di quell’avventura con “Mindblowing Seeds & Disconnected Flowers”, una raccolta con 15 demo che finirono quasi tutti nel celebrato debut album “Blows Your Mind”.
Un disco che rimane ancora oggi tra i preferiti della band di Copenhagen con oltre 10.000 copie vendute e un numero imprecisato di download. “Mindblowing Seeds” ci porta a riscoprire il fascino che ancora emana da quelle tracce, con qualche esclusione (“No Way Out”, “Right To Get High”, “Mind and Soul”) e qualche brano venuto fuori dalle outtakes (“City Of People”, “Gonna Get You Down”, “She’s All Mine”, “Run Little Girl”). E dopo due lustri i brani che diedero il via alla saga dei Baby Woodrose mantengono intatto tutto il loro potenziale espressivo/esplosivo. Come le accelerazioni acide di “Baby Blows”, l’urticante garage intriso di distorsione di “What A Burn”, l’altalena emozionale di “Caught In A Whirl” che svela sotto una spessa coltre di watt l’anima melodica di Lorenzo Woodrose.
Per non dire poi dell’ultrafuzzata “Pandora”, uno dei cavalli di battaglia della band di Copenhagen la cui cifra stilistica si è sempre caratterizzata per la favolosa capacità di trovare il punto di equilibrio tra un aggressivo versante garage-punk acido e visionario e la magia di grandi ballate acustiche.
Così accanto alla debordante “City of People” trovano posto le riflessioni elettroacustiche di “Living A Dream”, il mid-tempo venato di fumi color porpora di “Maya” e la splendida ballata acida “Kara Lynn”.
Prima della conclusione affidata a “She’s All Mine” e “Run Little Girl”, due brani non pubblicati all’epoca su “Blows Your Mind” e che ora esplodono in tutta la loro conturbante bellezza.
Autore: Roberto Calabrò