Il nuovo talento del folk nordico è certamente Ólöf Arnalds, che con Sudden Elevation si spinge verso un pubblico più ampio attraverso la conquista della lingua inglese, abbandonando, almeno per ora, il nativo islandese di Við og við del 2006, di Innundir Skinni del 2010 e seguendo la scia dell’EP di cover “Ólöf Sings” del 2011.
La cantautrice, sicuramente figlia dell’incredibile creatività islandese che da Bjork è arrivata ai giorni nostri con i Sigur Ros e Olafur Arnalds, si muove all’interno di un folk minimalista piuttosto tradizionale, a differenza dei suoi compatrioti che hanno cercato nella loro produzione suoni e melodie più sperimentali. La stessa Bjork, madrina in qualche modo della sua scoperta (è stata anche una voce comparsa nel suo primo singolo Surrender del 2010), è lontana anni luce dal folk-popolare della trentatreenne Ólöf, più vicina in questo senso a raccogliere l’eredità più di una Joanna Newsom.
Ascoltando di fila il nuovo album, si ha quasi l’impressione di un viaggio nel tempo nelle brughiere medievali (irlandesi e scozzesi più che islandesi per la verità): cio è vero in particolare per la struggente Return Again o per la liricissima Perfect, per le quali non esiteremmo a parlare di vere e proprie ballate medievali da bardo vagabondo, se non fosse che certamente all’epoca quel tipo di mestiere non era appannaggio delle donne.
Più “moderne” e vicine al folk celtico sono l’allegra e solare German Fields, Bright and Still e la emozionante Treat Her Kindly, forse unico episodio del LP dove la melodia trovata dalla chitarra riesce a colpire più della imperante voce di Ólöf. Voce, peraltro, di genere rarissimo, che sempre Bjork (il cui timbro da vocalist è già uno dei più originali mai ascoltati) ha definito significativamente “a metà tra una bambina e una donna anziana”.
Si può estendere questa considerazione fino a dire che la voce di Ólöf, ben sorretta da giri armonici semplicissimi davvero da giullare di corte, è antica e moderna contemporaneamente, di certo fuori dal nostro tempo meccanico e tecnologico, e possiede qualcosa di etereo ed evocativo che arriva a far respirare i paesaggi fiordici di Hvalfjörður (letteralmente ‘Fiordo della balena’), ad ovest dell’Islanda, la sua casa di mare dove l’album è stato registrato nel 2011.
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