Di carattere ombroso ma mite e gentile, assillato dalla disgregazione dei rapporti umani autentici nella società occidentale e politicamente molto critico con la sua amata odiata Gran Bretagna, Matt Elliott sembra aver trovato negli ultimi anni un po’ di serenità. I tormenti, e i forti contrasti sonori delle sue musiche nella fase “songs”, ossia i dischi degli anni zero intitolati Drinking Songs (2005), Failing Songs (2006), Howling Songs (2008) e Failed Songs (2009), hanno lasciato il passo a produzioni più nude, intime, sempre sofisticate negli arpeggi chitarristici ma ispirate da un nuovo sguardo lucido sull’esistenza, sempre romantico ma senza disperazione o rimpianti che rispecchia, almeno in apparenza, un nuovo equilibrio interiore.
Certo è inquietante il titolo di questo decimo disco solista – ai quali s’aggiunge la decina di lavori elettronici a nome Third Eye Foundation – e in effetti il tema portante del disco è il tempo che passa e l’avvicinarsi della fine, ma dal testo della ballata omonima ‘Farewell to All we Know’, più che il rimpianto per la vita che fugge via, traspare un implicito invito a vivere senza lasciarsi alle spalle rimorsi, concetto che si fa poi del tutto esplicito nell’unico brano davvero incoraggiante del disco, intitolato ‘The Day after That’.
In un’atmosfera di sospensione perfettamente rappresentata dalla spiritata immagine in copertina, il disco procede tra arpeggi acustici cristallini di grande suggestione, di fattura folk britannica dai sottotesti barocchi e romantici, e sonetti nebbiosi sussurrati col caratteristico tono basso e avvolgente della voce del cantante, mentre in ‘The Day after That’ cresce l’eco malinconico di uno struggente canto balcanico, e qua e là in diverse canzoni alla chitarra classica s’affiancano accordi di pianoforte, e una tormenta elettronica in ‘Can’t Find Undo’.
E speculando ancora sul tema portante del disco, in ‘Hating the Player, Hating the Game’, Matt Elliott canta così: “dove ci stiamo dirigendo? verso quelle luci, certo… bene, sono fiamme? ci guidano sulla strada? non c’è modo di saperlo fino a quando non le avremo raggiunte, ma a quel punto, forse, bruceremo, o ci bagneremo nella luce”.
Dieci brani molto ispirati e ambiziosi dunque, dalla poetica solida e registrati in modo essenziale seppure virtuoso, la cui omogeneità formale e cupezza climatica possono magari scoraggiare un po’ l’ascolto.
Per aiutare a comprendere meglio l’artista, vale la pena sottolineare che, per esprimere il proprio sostegno al #blacklivesmatter, Matt Elliott ha voluto scrivere di recente sui social di quanto fu importante da ragazzo, per la sua crescita umana e artistica, il multiculturalismo spinto della sua Bristol, a testimonianza di una sensibilità che sempre traspare nitida ad ogni modo dalla sua musica.
https://mattelliott.bandcamp.com/album/farewell-to-all-we-know
https://www.facebook.com/mattelliottthirdeyefoundation/
autore: Fausto Turi