Due cose lasciano esterrefatti, in questo nuovo straordinario lavoro di Matt Elliott. La prima è la duttilità del musicista che, divenuto popolare grazie ai suoi dischi elettronici sotto pseudonimo Third Eye Foundation, in tempi recenti ha affiancato al precedente un percorso musicale tradizionale con chitarre, violino, pianoforte, violoncello e fisarmonica, e già questa scoperta delle radici la interpretiamo come segno d’inquietudine e voglia di superare barriere, ma se oltre ciò consideriamo anche il tipo di musica che qui propone Elliott, beh… si rimane quantomeno ammirati da un personaggio del genere.
Matt Elliott mette da parte il drum’n’bass per approfondire la musica popolare, e non –attenzione – quella del suo Paese che è la Gran Bretagna – malgrado oggi il cantautore viva in Francia – bensì un patchwork continentale perfettamente amalgamato di indolenza greca, ritmi gitani, suoni balcanici e malinconia klezmer in cui la chitarra classica è sempre protagonista. Dico ben amalgamato, perchè Elliott non commette l’errore di inserire in questo disco 12 canzoni ognuna ispirata dall’umore di un Paese, piuttosto riesce a condensare ispirazioni folkloriche di vari pezzi d’Europa in un unico esperanto di suoni – il disco è ad ogni modo tutto cantato in lingua inglese – per cui in ‘Failing Songs’ non c’è un flamenco che segue una tarantella che segue un sirtaki, e per fortuna! Che banalità, sarebbe stata altrimenti.
I testi lucidi ed angosciati di Elliott prendono le mosse dal suo rifiuto verso il cinico militarismo neo colonialista dei Paesi ricchi del Mondo che, mascherandosi dietro missioni di pace cui sempre meno persone possono credere, occupano Paesi poveri ma ricchi di risorse energetiche. La delusione di Elliott emerge già dal titolo del disco: il fallimento cui si fa riferimento è il nostro: “the songs are mainly about our failures both personal & political & no objective person can really look at the world without accepting the fact that we as a species are basically a failure”, scrive Elliott sul suo sito internet per presentare il disco. Ed ugualmente grave, per Elliott, è la limitazione alla libertà individuale attuata negli ultimi anni dal governo britannico per prevenire lo spauracchio del terrorismo.
Musicalmente poi ‘Failing Songs’ è disco orgogliosamente europeo, una sorta di risposta – senza voler disprezzare, per carità – alla cosiddetta “americana” tanto in voga, tanto per ricordarci che anche se bello quel folklore non è comunque il nostro, e che anche qui da noi c’è una tradizione popolare di suoni che aspetta di essere rimodernata e rimessa in movimento.
Ma ‘Failing Songs’ è anche disco pop: le prime 6 tracce sono molto melodiche malgrado il tono sempre dimesso e sconsolato, ed è una buona trovata di Elliott il sopperire alla propria carenza vocale sovraincidendo la propria voce corroborandola e trasformandola spesso in una sorta di coro, di lamento, guadagnando almeno in profondità.
Autore: Fausto Turi