I Tall Ships sono una nuova band che viene da San Diego, qui al debutto con questo bell’album dal titolo per la verità lunghino. Il sound è nuovo: pescando, come è ovvio, dal passato, non troppo lontano in questo caso (soprattutto Jeff Buckley) il trio americano in classica formazione rock (Kyle Conwell al basso, Steve Kuhn alla voce e chitarra, Keith Andrew alla batteria) prova a fondere armonie dissonanti con melodie più facili, costruendo i pezzi intorno a una batteria sempre in secondo piano, e a una chitarra che disegna note semplici ma efficaci. La voce, spesso sussurrata, non è certamente il talento migliore del gruppo, ma certi effetti di sussurro o sospiro sono ricercati e fanno parte dello stile di questi ragazzi. Nei casi migliori, la voce di Kuhn ricorda i Bush per lo stile e l’approccio sonoro, ma la musica di queste “Navi alte” non ha nulla da dividere con i loro colleghi più anziani.
I Tall Ships sembrano cercare sempre più le suggestioni che non i colpi clamorosi, più le sfumature che non le schitarrate, preferiscono disegnare più dei veri e propri percorsi musicali, che non scrivere facili canzoni, con tanto di ritornello e strofa. Sfuggono insomma alla consuetudine, e anche se qualche volta possono rischiare di annoiare, certamente è un loro merito suonare per cercare di innovare piuttosto che seguire una scia. I Tall Ships ci riescono davvero bene, e pur non aprendosi più di tanto alla commistione con l’elettronica (computer e sintonizzatori sono praticamente assenti) danno veramente la sensazione che ci sia qualcosa di nuovo in giro.
Qualcosa di nuovo in senso relativo, perché questa musica c’era già negli anni ’70, ma poi si è persa come si sa. Un benvenuto a chi cerca di recuperarla ricostruendola nel presente.
Autore: Francesco Postiglione