‘Monolith’ è il vero esordio discografico – dopo l’Ep ‘It was Lost in the Fire we Started’ del 2007 – di questa band inglese, di Birmingham, che si fa chiamare semplicemente Io, che magari loro pronunciano “aiou”, o qualcosa del genere. Postcore strumentale, di scuola Washington e Chicago, aggressivo, ma con parti di quiete acquatica che preparano nuove esplosioni di suono chitarristico: una tenaglia che afferra, poi molla, ma poi riafferra. Non si può certo dire che l’etichetta francese Arghh! abbia trovato un gruppo rivoluzionario, perché certamente gli Io sono un po’ in ritardo sui tempi, rispetto alle direttive tracciate in 10 anni da Fugazi, Ulan Bator, Don Caballero, Mogwai, Isis, ed abbondantemente percorse poi da tante band, ma va detto che le 6 tracce di questo album sono tutte buone, un attimino più violente e meno creative e psichedeliche dei compagni d’etichetta Hadoken, di cui scrivemmo con piacere qualche tempo fa, ma in ogni caso interessanti, forse superiori rispetto al lavoro di noise band francesi emergenti, quali Doppler o Second Rise.
L’apertura con ‘Dr. Doom’ non passa inosservata, praticamente hardcore nero, quasi Neurosis, con nel centro due minuti riflessivi, ed anche nei pezzi successivi, malgrado si rimanga sempre in ambito rumoroso, emergono articolazioni varie, emotive, che dimostrano che il quartetto non è sprovveduto, sugli strumenti, e sa suonare. Sei tracce in totale, intitolate:
01. Dr. Doom,
02. Where we’re Going we don’t Need Roads,
03. We Destroyed the Robot Professor,
04. And this is our Victory Dance,
05. Farewell my Concubine,
06. Girl-on-Girl,
per un lavoro che interesserà chi ha amato quella stagione del rock strumentale, matematico – ma in questo caso, per la verità, neanche troppo… – che non accenna in ogni caso a morire.
Autore: Fausto Turi