Usare il temine catarsi in ambito rock sembra retorico, ma in casi come i Putiferio è particolarmente appropriato. Questo quartetto, che esordisce
grazie all’acuta Robot Radio, è una sorta di super gruppo dato che i quattro elementi vengono tutti da altre esperienze. Tra questi il più blasonato è il batterista Giulio Favero, già chitarra nei One Dimensional Man e attualmente con Il Teatro degli Orrori. Sette i brani in scaletta, discontinui ed accomunati dal vomito per lo schifo che è diventata la nostra società. Il loro non è un messaggio politico, bensì introspettivo,
l’attitudine è dunque molto hardcore, ma il modo di esprimere i temi musicali è irruente e l’hardcore viene contaminato e imbastardito con il blues noise ed il noise in generale: i punti di riferimento sono i Melvins, i Neurosis, i Fantomas ed i U.S Maple, oltre che The Ex e Zu. Emergono incrostazioni indie-punk di “Holes holes holes”, dove
suona il sax proprio Luca Mai del terzetto romano Zu. I Putiferio si rivelano sferraglianti e cambiano spesso registro stilistico e ritmo, esponendo la loro instabilità mentale (“Aristocastrophism”, “Give peace a cancer”). Non contenti degli estremismi noise, tendono a raggiungere i lidi dove si sono avventurati gli Arab On Radar in “Carnival corse for servers” o ancora più imprevedibili a metà lavoro, dove piazzano “Putiferio goes to war”, un brano di tredici minuti nel quale i quattro si lasciano andare a sperimentazioni varie: free jazz, elettro-pop, dilatazioni psichedeliche e chi più ne ha, più ne metta. “Ate ate ate” dimostra che, per fortuna, il sottobosco italiano brulica ancora molta insofferenza all’appiattimento e al
rincoglionimento di massa.
Autore: Vittorio Lannutti