Tra la bassa fedeltà e l’infedeltà vera e propria, i britannici Lovvers pubblicano questo primo lavoro lungo, che in ogni caso segna un aggiustamento del tiro rispetto all’Ep del 2008, ancor più grezzo ma senza controllo. In queste nuove 12 tracce, il quartetto di Nottingham mitraglia lo-fi garage rock’n’roll ma prova, riuscendoci in buona parte, a mettere ordine tra le idee; nelle loro intenzioni dichiarate, i Lovvers vorrebbero barcamenarsi tra gli estremi inconciliabili del punk e del power pop, manco fossero i Vaselines, mentre in realtà il loro meglio è tutto ciò che sta nel mezzo: tanto Stooges sound, a cominciare dal rantolare e dal gracchiare della voce nel microfono, tipo Iggy Pop o Lux Interior, ma con una strumentazione ancor più scheletrica: voce chitarra chitarra batteria.
E raschiando sotto la crosta stoogesiana, si nota la passione della band britannica per il r’n’r’ americano dei 50, proposto però a velocità raddoppiata, e per lo psychobilly; ascoltare per credere ‘Four Count’, nella prima parte del disco,così piena di entusiasmo, ed urgenza adolescenziale, oppure le altre due chicche dell’album, ‘100 Flowers’ ed il pezzo omonimo, ricchi di cambi di ritmo e cambi di accordo carichi di enfasi. I restanti pezzi, normale amministrazione.
I Lovvers però non sembrano affatto un gruppo revival, sia chiaro: e OCD Go Go Go Girls, pur essendo un disco molto poco prodotto, e con una scelta di suoni certo non all’ultimo grido, fa comunque lo stesso effetto ad esempio dei primi White Stripes, altra band che riesce a risultare moderna nei contenuti pur scegliendo un linguaggio musicale “tradizionale”. Nessun fronzolo per i Lovvers, ed anzi un approccio istintivo quasi da college band che sta incidendo un demo, seppure con una precisione non da novellini. I quattro hanno anche una discreta scrittura, e nella loro nicchia lo-fi potranno mettersi in evidenza, assieme a colleghi come Thee Oh Sees, Demon’s Claws, Wavves, Black Lips e Vivian Girls.
Autore: Fausto Turi