Oltre il Cielo Alberato, di Odla, è un disco cantautorale sfuggente e fuori dal tempo, incentrato sulla voce e la chitarra ma arricchito da una trama di effetti digitali, tastiere e strumenti acustici, che sviluppa nei brani un preciso racconto personale, tutto da decifrare – un concept, dice l’autore, su partenza/viaggio, approdo, nuovo inizio… – un disco inoltre in continua trasformazione col procedere degli ascolti dai quali emergono, come nuovi tasselli di un puzzle, tracce poetiche, pezzi di quotidianità ed immagini oniriche che automaticamente si legano ai suggestivi disegni contenuti nel booklet.
Odla parte raccontandoci di una preghiera, di un addio e di una fuga nel momento più buio della guerra, la “notte dal cupo cielo”, nei primi due brani, premessa di un doloroso ma necessario viaggio di rigenerazione e salvezza che troverà il momento di svolta più avanti, tra le nebbie della decisiva ‘Amica Ombra’, per solo voce e chitarra – una sorta di ideale “tutti morimmo a stento”… – ma la fuga è anche viaggio, relazione, conoscenza del Mondo, esperienza che fortifica, rassicura, fa crescere, ed è quanto emerge dalla tarantella ‘I Pescatori di Lete’ ed ‘Al Fuoco di Luna’, passaggi in cui il buio della notte non fa più paura, ed anzi è premessa per la conoscenza e l’evoluzione interiore.
Sincero e personale, Odla cerca la forma più adatta per esprimere gli specifici passaggi emotivi, e così si susseguono visionari momenti barrettiani in ‘Pane e Catene’ e nella toccante ‘Il Sogno di una Madre’, filastrocche popolari e misurati scampoli etnici, mediterranei e non solo, rimandi alla tradizione cantautorale italiana – ormai siamo al paradosso che è straniero in patria, chi accenna l’arrangiamento classico italiano – un’inquietante passaggio sperimentale in ‘Pane e Catene’ e suggestivi episodi spirituali come la cullante ‘All’Alba una Terra’, sogno rivelatore che dischiude una rinascita, che richiama sensazioni in cui è facile identificarsi.
‘All’Alba una Terra’, ‘Pane e Catene’ e ‘Amica Ombra’ sono in effetti passaggi decisivi del disco, ricchi di simboli, nei quali la nebbia si dirada. L’impressione è che il protagonista del viaggio, che poi è la vita stessa, ritrovi il senso – la fede – nel viaggio stesso, nel recupero dell’innocenza, nella liberazione dai retaggi materiali, in brani che tra l’altro funzionano bene anche da un punto di vista squisitamente musicale.
In ‘Terra che Senti’ sembra di sentire il recente, minimale, Cristiano Godano solista, in una poesia di grande armonia, in cui spicca la tela di effetti sonori, presente del resto in molti brani, che ben si sposa con gli strumenti acustici.
A chiudere il disco un brano che narra di Giuseppe da Copertino, il mistico che levitava nell’aria, coerentemente divenuto poi protettore degli aviatori, che nel brano di Odla fa da simbolo di elevazione ed emblema di libertà ed anarchia, chiudendo il viaggio interiore e svelando altri tasselli di un racconto complesso, a suo modo epico ma non semplicemente letterario, in cui ciascuno può ritrovare qualcosa di sè.
autore: Fausto Turi