Lo scorso 25 novembre è uscito Yoga, Pt. 2, EP realizzato dai Voina e che segue la prima parte uscita nella primavera di questo stesso anno. La band originaria di Lanciano ha all’attivo un primissimo EP d’esordio e tre album, di cui il più recente, Ipergigante, è stato pubblicato poco prima del lockdown 2020 impedendo al gruppo di portare per l’Italia un sound rinnovato più vicino alla scena indie italiana contemporanea.
Il progetto Yoga segna un parziale ritorno all’identità più alternative rock della band e ai passati legami con i concittadini Management – il chitarrista Marco Di Nardo ha curato la produzione di Finta di niente (2013) e Noi non siamo infinito (2015) – e i Ministri, a cui hanno spesso aperto concerti eseguendo brani estratti da Alcol, schifo e nostalgia (2017). Il post hardcore del debutto è stato comunque contaminato da evidenti influenze pop ed electro, ne è un chiaro esempio la collaborazione con il cantautore dark pop e produttore musicale Ibisco; bolognese, classe 1995, condivide con i Voina un immaginario narrativo legato alla provincia e ha collaborato con loro per la realizzazione di Non si vive, ultima delle quattro canzoni contenute in Yoga, Pt. 2. Queste due entità musicali, apparentemente diverse sul piano sonoro, si fondono in un pezzo che risulta il più emblematico del progetto: un perfetto trait d’union tra la rabbia giovanile, la rassegnazione odierna e una veduta artistica non limitata dall’etichetta “alt-rock”.
Il secondo e terzo brano della tracklist rivelano, invece, un animo più ingenuo e che strizza l’occhio alla recentissima resurrezione della scena emo italiana, nella sua declinazione punk (un mix di riff degni dei Blink 182 degli albori, estetica di Machine Gun Kelly e un sentore di trap). Questo stilema teen influenza Ciminiere e Berserk principalmente sul piano lirico; dai testi di Ivo Bucci è possibile estrapolare rispettivamente «Tua madre non è contenta perché fumiamo tutte le sere» e «Leccami la faccia con la polizia che ci guarda»… certo, la categorizzazione non è propriamente quella del riesumato pop punk nostrano, ma comunque la presenza e adozione parziale o anche solo accennata di questo genere riversano sul sound e l’attitudine del gruppo un’ingenuità adolescenziale che riduce drasticamente il potenziale e soprattutto le doti espressive dei Voina.
Ripercorrendo Yoga, Pt.2 a ritroso, si va a sbattere contro Superfluo. Singolo di lancio dell’EP, la traccia d’apertura è figlia illegittima di Ipergigante e suggerisce al pubblico che la continuazione del progetto inaugurato lo scorso 8 aprile risulterà più “pacata” rispetto a Yoga, Pt. 1, carico di frenesia nervosa e ispirazione alternative anni Novanta. Superfluo è un buon brano alt rock, capace di ancorare l’ascoltare con un ritornello facilmente assimilabile e sonorità vagamente pop senza che questa connotazione assuma valenza negativa. Fare un pezzo orecchiabile che risalti le abilità di un artista senza che questo raggiunga eccessivi compromessi con le richieste del mercato non è scontato.
Nel realizzare Yoga, sia la prima che la seconda parte, i Voina hanno mostrato tutte le sfumature che la loro musica ha acquisito in oltre dieci anni di carriera (quasi venti se si considera la fase pre-Finta di niente). Nell’analizzare Yoga, Pt.2 si riscontra quel cambio di rotta preannunciato dall’LP più recente del gruppo abruzzese; sia chiaro, un’evoluzione nello stile non è nulla di negativo, ma solo nel caso in cui non banalizzi il lavoro musicale svolto in precedenza. La nostra opinione finale è positiva: il lavoro contiene un bilancio perfetto tra brani in grado di arricchire la discografia della band e canzoni che sono facilmente ascoltabili e digeribili, ma che, forse proprio per questa ragione, potrebbero difettare dell’irriverenza spontanea che meglio si addice ai Voina.
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autrice: Francesca Marchesini
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