Da Southampton, Uk, anche questo quartetto pop al secondo disco, con cantante dalla voce molto femminile, vuol farci compiere il salto all’indietro nel tempo negli anni 80, e sulla scia del rock di Stone Roses e Blondie, imbastisce 40 minuti vivaci, con tastiere e chitarre shoegazing, mentre il punto forte del gruppo resta la ricerca di controcanti a più voci e coretti ben fatti. Sempre meno rock band, oggi, si impegnano a lavorare sulla polifonia, purtroppo; e pur non essendo i Mamas & Papas, i Delays cantano bene e ricercano dei buoni stacchetti.
Sostengono, nel loro sito internet, che la loro maturazione artistica è consistita nell’uscire dalle rispettive camerette ed iniziare a suonare dal vivo: un passo che li ha costretti a farla finita con l’autoindulgenza di chi gioca sul sicuro dal di fuori dello show biz. Intanto, sempre sul loro sito internet, si autodefiniscono “absolutely fabulist”, ed affermano di voler rifondare il brit pop.
Malgrado tutti i testi parlino d’amore, e malgrado siano eccessivamente caramellose talune scorie dance (‘Valentine’, primo singolo, e ‘This Towns Religion’) che sembrano uscite dal repertorio di Roxette, Cindy Lauper e Eurhytmics, devo dire che il gioco funziona e diverte, e così si resuscitano anche quelle atmosfere più cotonate degli 80, che fino ad ora nessuno, neanche Franz Ferdinand, Editors, Adult. o Interpol avevano osato riprendere. Al limite i Delays hanno qualcosa in comune con Le Tigre di Kathleen Hanna, ma per nulla rabbiosi.
Mi pare che ora, degli anni 80, resti da rispolverare solo l’hairy metal degli Europe ed il gangsta rap di LL Cool J, e poi siamo al completo!
In ‘Too Much in your Life’ e ‘Lillian’, dove le chitarre lavorano di più, c’è una boccata d’ossigeno anche per i rockettari, ma intendiamoci: questo disco è buono per i party in cui c’è bisogno di stare allegri, e se detestate Madonna e volete le emozioni forti magari è meglio che per questa volta passiate la mano…
Autore: Fausto Turi