Il magnetico universo delle piece teatrali moderne, è costellato di progetti musicali, che propongono tematiche di varia natura esplorando con qualsiasi mezzo disponibile, spesso nella speranza di riuscire in una ricerca linguistica, affabile ma accurata, e di poter diversificare al massimo le strutture narrative, sperimentando anche nel fazioso, nell’inutile…
Il teatro è visceralità, rapporto diretto, mimica, voce, simbiosi fra parti diverse di un’unica madre originaria…
Dunque la composizione musicale è investita di un certo fardello…detta un po’ le regole e in alcuni casi ricompone pezzi che altrimenti sarebbero scollegati fra loro.
“Transit rider” è un album la cui doppia natura predispone ad una maggior attenzione! Esso infatti è la fusione di due opere distinte, nel periodo in cui sono state concepite (“Birth” e “Fire and castration” sono estrapolati da una piece teatrale del 2002) ma simili per la tematica che affrontano: quella del viaggio, della ricerca perenne fra luce ed ombra.
Un tema, questo, che evidenzia le doti di un gruppo eterogeneo di musicisti dall’indole gitana, ma soprattutto la forza narratrice e creativa di Dawn Mc Carthy, la “tessitrice”! Coreografa, ballerina, cantante e musicista.
A rinforzare i toni dell’album c’e’ il poliedrico Nils Frykdahl, già apparso nel precedente “Mother Twilight” con un ruolo di gran lunga più influente in questa ultima fatica.
Infatti oltre a fare da supporter vocalist alla Mc Carthy, arrangia e compone con lei, cimentandosi col flauto, i cimbali, la chitarra a dodici corde, batteria e percussioni di vario genere.
Potremmo definire “The transit rider” come una colonna sonora, un musical intimista ispirato al cabaret di Kurt Weill, con un umore assai più altalenante, malinconico come se fosse Erik Satie a dirigere …la sperimentazione è di natura folk:.Taki Pejzaz, ad esempio, è la rielaborazione di una canzone popolare polacca del ’63, cantata da Zygmunt Konieczny, e tratta da una poesia che la stessa Mc Carthy ha tradotto. Una ballata viscerale, ipnotica, che suggerisce un imminente evento e nel contempo la limitatezza degli occhi nell’osservarlo.
L’album contiene due diversi momenti narrativi: dapprima l’esplorazione del personaggio che parla di sé, delle proprie inquietudini tra bene e male, attraverso un intricato profondo tessuto di melodie cantautorali, successivamente avviene la dissoluzione, i rumori degli esterni, le voci tirate e stridule, un piano che compone come andasse alla deriva attraverso le dita di un folle, revisionano i pensieri precedenti e vi applicano nuove soluzioni.
Da ascoltare in particolari e suggestive situazioni, questo è certo, ma singolarmente scorrevole, efficace nel lasciare una piacevole impronta, in definitiva, bello.
Autore: Lorenza Ercolino