Nella Primavera del 2004 si incontrano a Napoli tre validi percussionisti e decidono di collaborare, per 6 giorni, per la registrazione di un disco tributo a quattro figure degne di nota della storia afro jazz: i contrabassisti Malachi Favors, Johnny Dyani e Marcello Melis, più Djeli Baba Sissoko, griot del Mali e padre del Sissoko qui presente.
Ne escono fuori 10 tracce che non solo mostrano com’è profondo il serbatoio musicale africano, ma ancor di più rispecchiano e sintetizzano alla perfezione le “specialità” di magi Moye, di Sissoko e Capone, questi tre re magi che portano in dote rispettivamente una dose di sofisticato jazz africano, una porzione di etnica del Mali, ed una parte di ritmo mediterraneo. I tre percussionisti sono accompagnati da una buona pattuglia di jazzisti, che pizzicano strumenti a corde i più vari, creando complessi percorsi sui quali i tamburi dei nostri possono mettersi in mostra per bene. Moye e Capone sono autori di tre tracce rispettivamente, mentre Sissoko – sempre generoso e prolifico – di quattro, ed è straordinario davvero questo percussionista centro-africano – per nostra fortuna trasferitosi in Calabria – che regolarmente suona con Sting, Peter Gabriel e Yossou N’Dour ed ogni tanto ci regala dischi a suo nome di grande fascino: qui passa dai ritmi notturni alla festa del villaggio in un attimo, imprevedibile ed incontenibile. Capone – che da poco a pubblicato un disco col suo gruppo BungtBangt – mostra le solite incertezze vocali in ‘Salamandra’, ma come percussionista non è inferiore ai due più esperti colleghi neri, ed i 10 minuti della sua ‘African Groove’ (il pezzo più lungo del disco) sono la sintesi di tutta l’opera: combinazione ardita di Africa, jazz e Napoli. Di Famadou Don Moye infine non sorprende più il rigore tecnico e la finezza: siamo dalle parti del John Coltraine che “scopre” l’Africa negli anni 60 – ed avrei già detto tutto – ma in ‘Sidi Fimi’ e Mama Marimba’ mischia le sue percussioni con la voce tenorile del napoletano Marcello Colasurdo, ed il risultato è una cosa davvero inedita.
Disco di valore jazzistico ed etnico al contempo, da esportare nel Mondo senza complessi d’inferiorità.
Autore: Fausto Turi