Il rock italiano indipendente sta vivendo una nuova primavera. In quest’ultimo anno sono usciti in Italia ottimi dischi: da Le luci della centrale elettrica all’ultimo lavoro di Giorgio Canali, da “Spirits” dei Cheap Wine fino allo splendido lavoro degli Zen Circus. “A sangue freddo”, secondo disco de Il Teatro degli Orrori, lo collochiamo tra questi lavori, dato che, lo diciamo subito senza girarci intorno, è un ottimo disco.
Con gli One Dimensional Man ancora in stand-by, Capovilla, Valente, Favero e Mirai hanno deciso di utilizzare tutte le loro energie per questo lavoro, e vi assicuro che ne è valsa la pena. Se il precedente album“Dell’impero delle tenebre” era un macigno spaccasassi che non faceva sconti a nessuno, in “A sangue freddo” il quartetto veneto ha deciso di sperimentare strade nuove, come l’elettronica di “Direzioni diverse”.
Concordo perfettamente con la definizione che qualcuno ha dato di questo gruppo, vale a dire: un incidente tra i Melvins e Fabrizio De Andrè, è un dato di fatto che Il Teatro continua a tenere la giusta attenzione sia al rock noise cjhe ai testi. Pierpaolo Capovilla, infatti, non suonando piùil basso si è maggiormente dedicato alla voce e all’aspetto scenico, cantando in italiano ha prestato una maggiore cura dell’aspetto letterario facendo un lavoro molto meticoloso nel quale la sfera personale e quella pubblica sono sempre intrecciate, l’una come complementare dell’altra, come negli anni 70 periodo fulgido del nostro cantautorato.
Per il front man, infatti, è molto importante il messaggio politico nel senso più alto del termine, vale a dire inteso come solidarietà, lotta alle iniquità e soprattutto al libero mercato dominante che non fa sconti a nessuno.
I testi nei quali è maggiormente racchiuso questo messaggio sono “Il terzo mondo”, caratterizzato da una ritmica circolare, con le chitarre particolarmente taglienti, e la rilettura rabbiosa di “Padre nostro” più la title-track.
La poeticità di Capovilla in questo disco poi si caratterizza per un altro elemento fondamentale: l’esistenzialismo è inteso come presa di coscienza delle proprie responsabilità (“È colpa mia”).
Per concludere ritengo indispensabile mettere in evidenza la reale Indipendenza di questo gruppo, dato che non mi è mai capitato che un disco noise, invece di aprirsi con brano irruento, parta con un lenta e lunga linea sonora che fa da incipit alla melodica “Io ti aspetto”, un brano malinconico e d’amore suonato interamente da un pianoforte e da un cristallofono.
Autore: Vittorio Lannutti