Il fascino degli anni ’60 e ’70 non conosce confini. Negli ultimi vent’anni una miriade di band ha attinto, come fonte primaria di ispirazione, a quei due decenni straordinari della storia del rock. Oggi è un’etichetta come la Go Down, piedi ben saldi nel presente e cuore inevitabilmente rivolto al passato, a voler celebrare la musica selvaggia proveniente da una “dimensione passata”. Nasce così, assieme all’associazione culturale “Circolo Fantasma”, questo tributo che vede coinvolti 22 gruppi diversi per nazionalità, stile ed età, ma accomunati dalla passione per le sonorità dei Sixties e dei Seventies.
Racchiuso in una bella confezione cartonata, con booklet di 28 pagine che include anche due disegni del celebre artista psichedelico Matteo Guarnaccia, “Wild Sound From The Past Dimension” mette insieme un manipolo di eccellenti formazioni alle prese con “remake” di brani celebri o più oscuri, ma sempre innervati dallo spirito che animava originariamente i loro idoli: vale a dire grande energia e voglia di divertirsi. E allora troviamo i grandi Not Moving alle prese con una versione ipercinetica di “Kissin’ Cousins” (Elvis vs.The Saints) e il loro mitico chitarrista Dome La Muerte rifare, in compagnia dei Not Right, la barrettiana “Lucifer Sam” (Pink Floyd) in chiave psycho-hard. Assolutamente coinvolgenti anche le prove di alcune garage-band nostrane come Ray Daytona (“Sick & Tired” dei Continentals), Cavemen (“I Need You” dei Kinks), Intellectuals (“Complication” dei Monks) e Rippers (“Let Me In” dei Sorrows).
Mentre al proto-punk di Detroit sono dedicati i brani di Electric 69 (una bella versione di “Search & Destroy” degli Stooges) e Los Fuocos (“Sister Ann” degli MC5). In chiave più marcatamente hard-rock si muovono gli inglesi Gorilla che rendono giustizia a “Limb from Limb” dei Motorhead e gli italianissimi Pater Nembrot che irrobustiscono oltremodo un classico dei 13th Floor Elevators come “Reverberation”. Ai bostoniani Real Kids e alla loro “All Kinds Girls” fanno il verso i redivivi Chronics, mentre i Cramps di “Can your pussy do the dog?” trovano giovani epigoni nei Valentines. Il contingente straniero vede i californiani White Flag rifare “Both sides now” di Joni Mitchell in versione pop-punk, gli svedesi Sator armeggiare con “Touch too much” degli Arrows e i francesi Les Playboys con “Universal Vagrant” degli Smoke. Due sorprese si trovano, infine, in chiusura: i Temponauts con un’irriconoscibile “That’s how strong my love is” di Otis Redding e l’ispiratissimo Sgt. Peppe che ammanta “Love You To” dei Fab Four di un’iridescente coltre psichedelica.
Autore: Roberto Calabrò