Se la musica è divertimento, è anche per la possibilità infinita di giocarci. Mescolare suoni, riprendere tradizioni, piazzare lì testi all’apparenza deliranti e lasciarsi andare a suoni passati reinventandoli. Ecco, qualcosa del genere hanno fatto i Pennelli di Vermeer, la formazione campana che torna con il primo ep non autoprodotto “Trame dannata”. A pubblicargli questo “esordio” è “La canzonetta”, la stessa che aveva incluso la loro “La pipa operaia” nella compilation “Napoli sound system vol.2”. Ai Pennelli di Vermeer piace giocare con la musica, infatti, ma prendendola molto sul serio, se è vero che per il cantante Pasquale Sorrentino la musica è terapia. Chissà se li hanno mai definiti postmoderni, citazionisti sicuramente e ironici pure, oltre che nei testi, anche nella grafica del disco, con rappresentato il girone dantesco degli indovini del XX canto dell’Inferno, costretti per il loro voler troppo guardare avanti a camminare con la testa rivolta sempre all’indietro; una sorta di manifesto, con la tradizione cantautoriale stampata a fuoco sulla pelle.
In fondo basta vedere di quale canzone abbiano scelto di fare la cover per rendersi conto delle influenze del gruppo. Su “Princesa” di De André, infatti, è caduta la scelta, ma, dicono i cinque, non sarà l’ultima, anzi già si lavora a qualcosa di Gaber. Sì perché i Pennelli dichiarano apertamente un influsso fondamentale del teatro canzone che, però, mescolano alla perfezione con una vena prog che li ha sempre caratterizzati soprattutto grazie al tastierista (avevate dubbi?) Raffaele Polimero che assieme a Pasquale Palomba alla chitarra elettrica, a Giovanni Santoro al basso e Marco Sorrentino alla batteria compongono i Pennelli. Rock pittorico, così lo definiscono e in fondo la loro passione per la pittura del ‘600 poteva farcelo presumere. L’inizio però è fuorviante. In “Sulla mia scrivania” a un certo punto c’è dello ska, ma in fondo abbiamo detto che il gruppo non si preclude nulla. E il giudizio di gruppo anacronistico, letto da qualche parte qualche tempo fa, non ha ragion d’essere, altrimenti il 90 percento del rock attuale lo sarebbe. A volte più prog che altre, come l’inizio di “Onde” che però subito cambia registro appena comincia il cantato di Sorrentino ma si trascina anche ne “La pipa operaia”, che è una sorta di filastrocca di cui, nell’album, si trova anche la traccia video girata da Mario Amura promettente regista già vincitore del David di Donatello per la regia e la sceneggiatura di “Racconti di guerra”. “Aldiladellaldilà”, invece, sembra uscita da una session con i Pink Floyd che a un certo punto si mettono a fare i mistici suonando musica araba (se non si parlasse dei Pink Floyd si potrebbe dire una session acida, ma sarebbe la normalità). Della cover abbiamo già detto. Il paragone con la teatralità di De Andrè non è semplice, ma il frontman della band non se la cava affatto male e questa reprise faberiana merita l’ascolto. Nel 2007 uscirà l’album, li aspettiamo grotteschi, guasconi e surreali come in questo ep.
Autore: Francesco Raiola