Mondine in orbita. Un volo di cinquant’anni porta le coraggiose operaie padane dalle risaie del Vercellese immortalate da De Sanctis alle plasticherie di gommapiuma dei Fiamma Fumana, ossia Alberto Cottica (co-fondatore Modena City Ramblers), Marco Bretoni, novello Gazebo e Fiamma Orlandi.
I temi riecheggiano atmosfere del tempo che fu, anche se deteriorate dal suono di moderna elettronica invadente. Da un lato i cori gospel delle citate mondine (ora arzille settuagenarie) e dall’altro i canti di lotta stiracchiati inusitatamente dalla Orlandi, che in alcuni momenti assomiglia in tutta onestà a Cristina d’Avena, meno Mila&Shiro e più Fischia il Vento.
Niente da fare, riunire sotto il medesimo tetto “sperimentale” musica folk e suoni filtrati è ancora tabù: un’operazione molte volte tentata e puntualmente indigesta. Difficile trovare gli equilibri, le dosi giuste, tra la strumentistica “popolare” (piva emiliana, flauti, fisarmonica) così sanguigna e verace al naturale, e la glaciale secchezza di loops e compagnia bella.
La rude poesia della musica tradizionale passata al laser della batterie artificiali sembra smarrire ogni traccia di personalità. Tentativo arduo, quasi come mixare – cosa già provata da ogni risma di dj – i tempi house con la musica classica: una carnevalata. Perché allora ostinarsi a mescere nello stesso boccale Sangiovese e Tavernello?
Autore: Sandro Chetta