Se la colonna sonora di “Broken flowers” contribuì nel 2005 a far riscoprire il talento di Mulatu Astatke e il disco di quest’anno con gli Heliocentrics è valso a consacrare definitivamente il padre dell’Ethio-jazz quale personaggio di culto applaudito dalle platee internazionali ed ammirato dai colleghi musicisti delle più diverse estrazioni, l’antologia della Strut “New York-Addis-London” giunge come necessario approfondimento retrospettivo per ricostruire le tappe fondamentali del percorso formativo di questo grande artista ormai sessantaseienne: dalla natia Etiopia a Londra, dove Mulatu nella seconda metà degli anni Cinquanta frequentò il rinomato Trinity College of Music e dove iniziò a suonare in vari clubs della città; da Boston (nel 1958 primo studente africano iscritto al Berklee College) a New York, dove intorno al 1963 formò con musicisti afro-americani e portoricani una band chiamata The Ethiopian Quintet; e sul finire degli anni Sessanta di nuovo in Etiopia, ad Addis Abeba, dove collaborò con il poeta Gabre-Medhin e dove nel 1973 ebbe modo di accogliere Duke Ellington.
Questa compilation, focalizzata sulle incisioni del cruciale decennio 1965-1975, raccoglie materiale già noto – cinque pezzi presentati nel 1998 nel quarto volume della serie “Ethiopiques”, due di questi inseriti pure da Jim Jarmush nella citata soundtrack di “Broken flowers” – e tanto altro a noi finora completamente sconosciuto e, quasi superfluo dirlo, non c’è neppure un brano di troppo: che si parli di una “Mulatu” in cui i fiati flirtano concupiscenti col vibrafono, o di una latineggiante “I faram gami I faram” eseguita dall’Ethiopian Quintet, o ancora di una deliziosa “Fikratchin” interpretata dall’ugola di Menelik Wossenatchew, tutto, ma proprio tutto, suona straordinariamente vitale!!
E ad alimentare ulteriormente la Mulatumania provvede l’annuncio di un disco nuovo di zecca in preparazione per il 2010…
Autore: Guido Gambacorta