Fatemi un favore: qualcuno vada a dire agli Explosions In The Sky che sono tanto dei bravi ragazzi e buoni musicisti ma che non se ne può più della stessa minestra riscaldata decine di volte. Ascoltare “The earth is not a cold dead place” è come vedere per la decima volta un film che vi è piaciuto: qualche brivido ci sarà sempre, ovvio, ma la trama la conoscete ormai a memoria, e l’unico divertimento è quello di mettervi alla prova anticipando le battute degli attori; oppure – se preferite – è come andare sulle stesse montagne russe per la centesima volta: conoscete ormai ogni discesa ripida e ogni curva mozzafiato… dove ci sarebbe da urlare per l’adrenalina voi sbadigliate per la noia. Rendo bene l’idea?
Gli Explosions In The Sky hanno fatto un (altro) buon disco di rock strumentale, ma si sono limitati a seguire pedissequamente il “copione” scritto prima di loro da band come Mogwai e Godspeed You Black Emperor!: si parte con dolci arpeggi tintillanti, la batteria segue a ruota col suo ritmo quasi marziale, e poi a poco a poco si esplode nel gran finale a distorsioni spianate. Tutto troppo prevedibile, purtroppo, soprattutto se ripetuto più e più volte. La passione c’è, il pathos pure, le emozioni – volendosi avvicinare alla loro musica con un pizzico di candida ingenuità – pure. Ma è un film (continuando con la metafora di cui sopra) di cui conosciamo già il finale. Qualcuno glielo vada a dire, agli Explosions In The Sky, fategli un favore.
Autore: Daniele Lama