Una delle più note composizioni della seconda metà del novecento: la “Symphony No. 3 (Symphony of Sorrowful Songs)” – Op.36 di Henryk Górecki, la celebre Polish National Radio Symphony Orchestra (una tra le attuali maggiori interpreti contemporanee del genere) diretta da Krzysztof Penderecki e Beth Gibbons, la voce dei Portishead, insieme per un lavoro discografico (Domino Records) che sta facendo molto parlare di sé (soprattutto per la presenza della Gibbons).
Numerose sono state, infatti, nel tempo le commistioni che hanno visto artisti appartenenti alla scena rock collaborare con orchestre. Un esperimento che spesso è diventato anche moda (soprattutto dopo che nel 1967, il discutibile “Days Of Future Past” dei Moody Blues sdoganò il rock sinfonico) incurante di un’effettiva e funzionale crasi tra i generi, risultando soventemente più un mero capriccio stilistico che un reale studio di ricerca.
Diverso il discorso per l’esecuzione, registrata il 29 novembre 2014 al National Opera Grand Theatre di Varsavia, oggetto della nostra trattazione (giova ricordare che la “Symphony No. 3” è stata già splendidamente immortalata su disco dalla Elektra Nonesuch, nel 1992, nell’esibizione dal vivo eseguita dalla London Sinfonietta con il soprano statunitense Dawn Upshaw).
Prima di passare a un commento dell’incisione a cura della Polish National Radio Symphony Orchestra diretta da Krzysztof Penderecki e di Beth Gibbons, è opportuno effettuare una breve descrizione dell’opera. Ciò al fine di comprendere meglio anche il peso interpretativo della Gibbons.
La “Terza” di Henryk Górecki è una sinfonia in tre movimenti per soprano e orchestra, dal forte impatto emotivo e umanamente sacrale, sospeso tra invocazioni e drammi bellici, i cui temi dominanti sono la maternità e la separazione a causa della guerra.
Il primo movimento (lento – sostenuto tranquillo ma cantabile) consta di un canto/lamento polacco del XV secolo della Vergine Maria per suo figlio, il Cristo morente (“Synku miły i wybrany, Rozdziel z matką swoje rany … – Figlio mio, scelto e amato, lascia che tua madre condivida le tue ferite …”); il secondo (lento e largo – tranquillissimo) racconta, attraverso un messaggio scritto sul muro di una cellula della Gestapo nella città di Zakopane durante la seconda guerra, la separazione di una figlia dalla madre (le parole incise sono quelle della diciottenne Helena Wanda Błażusiakówna, incarcerata il 25 settembre 1944: “O Mamo, nie płacz, nie. Niebios Przeczysta Królowo, Ty zawsze wspieraj mnie. Zdrowaś Mario, Łaskiś Pełna – Oh mamma non piangere, no Immacolata Regina del Cielo, mi sostieni sempre. Ave Maria”); il terzo (lento – cantabile-semplice) riprende una canzone tradizionale slesiana di una madre in cerca di suo figlio ucciso dal Tedeschi nelle rivolte della Slesia (Kajze mi sie podziol moj synocek mily? Pewnie go w powstaniu zle wrogi zabily. Wy niedobrzy ludzie, dlo Boga swietego cemuscie zabili synocka mojego? … – Dove è andato il mio figlio prediletto? Forse ucciso dal duro nemico, nella ribellione. Voi cattivi, nel nome del Santo Dio, ditemi perché avete ucciso il mio caro figlio …”).
Ebbene, fatta questa breve ma doverosa premessa, possiamo affermare che ciò che rende “particolare” l’esecuzione del 29 novembre 2014, non è, quindi, riconducibile di per sé alla presenza dello strumento “voce” – la stessa opera è stata scritta per soprano – bensì al fatto che il progetto si sia incentrato sulla possibilità di arricchire le tessiture orchestrali con un canto non propriamente da soprano puro, spostando così l’intenzione dell’opera da un piano trascendente a un piano immanente.
Se da un lato, infatti, le tensioni degli archi dell’orchestra saturano in un quasi contemporaneo gregoriano post bellico, la Gibbon, con il suo canto, schioda dalla croce della sacralità l’ieratica partitura vocale rendendola canto umanamente ed ecumenicamente terrena.
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autore: Marco Sica