Gran cavallo di battaglia della Emi in questi mesi, The Cosmos Rocks è quello che si dice un album-evento: segna il ritorno dei Queen alla produzione di brani inediti dopo 13 anni dall’ultimo album Made in Heaven, composto all’epoca con tutto l’inciso di Freddie Mercury che poteva recuperarsi. The Cosmos Rocks invece è album tutto nuovo, e dal suono sicuramente fresco: i Queen non hanno fatto l’errore di presentarsi semplicemente come Queen, lasciando così pensare di aver sostituito Freddie l’insostituibile, ma si offrono con un album composto scritto e prodotto in collaborazione piena con Paul Rodgers (vocalist dei Free, Bad Company, the Firm con Jimmy Page, e diversi album solisti tra cui il tribute a Muddy Waters), all’epoca indicato da Mercury come una delle voci migliori sul mercato. Questa mossa fa sì che non si possa pensare semplicemente ad un nuovo album dei Queen, ma più a un progetto, destinato certamente ad avere un seguito con i 33 concerti che Brian May, Roger Taylor e Paul Rodgers (non c’è Paul Deacon in quest’album, a cui pure sono andati però i ringraziamenti dei tre) terranno in Europa, e chissà con che altro.
Intanto si può godere l’ascolto dei 14 pezzi che compongono il nutrito album, senza paura di trovare un vocalist che tenti di imitare l’inimitabile: Paul Rodgers ha la sua storia, il suo nome, il suo stile, e anche la musica dei Queen ne gode, guadagnando in freschezza quello che perde in sonorità abituali. Certo, la musica è quella del soft-metal anni ’80, genere ormai quasi sepolto: ma non ci si può aspettare altro da musicisti sessantenni abituati a una certa scuola. Si troverà però la perfezione nelle esecuzioni, l’attenzione maniacale (che oggi non c’è più) alla pulizia del suono, l’arte insomma che ha fatto dei Queen l’icona degli anni ’80. Cosmos rockin’ è un rock and roll classico, Still Burnin’, We Believe, e il singolo di lancio C-lebrity sono rock alla Queen vecchio standard, Vodoo e Through the Night sono blues elettrici, il secondo accompagnato da uno struggente piano, Say it’s not true è una pura ballata metal anni ’80, Some things that Glitter e Call me sono poco più che canzonette in verità, mentre episodi sicuramente molto interessanti sono Time to Shine, veloce, ariosa e ispirata, Small, ballata con chitarra acustica alla quale i vecchi Queen non avevano poi così tanto abituato, e Warboys e Surf’s up Schools out, che richiamano le discendenze metal di Rodgers. Insomma l’intero album mescola sonorità diverse piuttosto che ricalcare semplicemente i vecchi fasti con la sterile imitazione delle antiche irripetibili canzoni. E questo è già un punto a favore per un’operazione che conteneva non pochi rischi. Per il resto, non si cercheranno in quest’album direzioni nuove per il rock del futuro, o anche solo scelte stilistiche originali: i tre suonano come hanno imparato a suonare 30-40 anni fa, come essi stessi hanno orgogliosamente dichiarato. Ma è già tanto che si senta un’alchimia, che insomma il metal di Paul Rodgers contamini Brian May e viceversa. Ne è uscito sicuramente un prodotto che non farà distorcere la bocca ai fan (ed è già tanto) anche se forse è meno Queen-classic di quanto ci si aspettava. Ma in fondo questo è un bene: Paul Rodgers non poteva essere e non è stato una comparsa.
Autore: Francesco Postiglione