Gli Wovenhand con il decimo lavoro continuano a stupire e a marcare nell’ascoltatore inquietudini e rassicurazioni spirituali. Può sembrare un ossimoro, ma non lo è! Edwards, sempre più carismatico e contornato da ottimi musicisti, nonostante si ostini a presentarsi come frontman di un progetto; in realtà si nasconde dietro di esso, dato che a determinare le dinamiche musicali del gruppo è lui con la sua spiritualità, i suoi richiami mistici e le più che legittime contraddizioni. Registrato presso l’Electrical Audio di Steve Albini, “Star treatment”, se per certi versi continua il percorso in buona parte già tracciato dal precedente “Refractory obdurate”, per altri versi se ne distanzia, soprattutto per un sound nel quale torna ad essere dominante la tendenza Americana. Se la ritmica è spesso serrata e decisa le chitarre tornano ad avere un’architettura maggiormente blues. Si tratta di un blues che torna ad incrociarsi con la spiritualità dei nativi d’America (“All your waves”) o con momenti altamente evocativi ed intensi (“The quiver”), o ancora con i mantra mistico-psichedelici dilatati e allo stesso tempo tesi (“Swaying reed”, “Go ye light”). I momenti più decisamente rock sono stati delegati ai martellamenti di “Come brave” e alle circolarità quasi surf di “The hired hand”. Quasi come in ogni disco, anche in questo caso Edwards riesce a concludere il lavoro con un brano dialettico e che emana proprio il senso della conclusione, “Low twelve”.
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autore: Vittorio Lannutti