E’ Boa stesso, nel comunicato stampa, a spiegare quanto nella propria scrittura vi sia l’ispirazione della musica con cui si è formato: quella americana, in primis l’alternative degli anni 90, e poi la tradizione folk blues, il soul, che in alcuni brani – sicuramente in quelli d’apertura ‘Pinch of Salt’ e ‘Bag of Seeds’, e nella conclusiva ‘For Us’ – emerge prorompente in ritornelli avvolgenti con cori e controcanti che scaldano e donano colore. Una tensione nuova, forzando le linee musicali voce e chitarra in sé molto collaudate e tradizionali, interviene anche attraverso la musica giamaicana con la traccia ‘Those Who’.
I diversi stili di riferimento, che ciascuno potrà sentire qua e là nelle otto canzoni, donano dunque al disco una certa imprevedibilità, capace di condurlo lontano dalle secche del classic rock e sorprendendo a più riprese aiutando l’ascoltatore a superare le difficoltà dei testi, tutti in inglese.
Aldilà degli arrangiamenti sobri, lo scheletro dei brani è tutto chitarristico, molto buona è la voce dai risvolti blues di Lorenzo Bonarini, titolare del progetto, che riesce bene anche in momenti crepuscolari e lirici come ‘On a Couch’ una sorta di tormentata confessione in un momento buio. Con ‘Bluesette’ poi siamo in ambito rock blues elettrico con un testo di dannazione un po’ alla John Lee Hooker ed una musica che ricorda Iron & Wine, Band of Horses e Blitzen Trapper. Un disco senza complessi d’inferiorità che potrà cercare fortuna e spazio all’estero, forse anche più che in Italia.
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autore: Vittorio Lannutti