Terzo lavoro per i monzesi Kech, che dopo aver mescolato brit-pop anglosassone e indie-rock americano, approdano a una sintesi pop ammiccante e maliziosa, e per questo commercia(bi)le.
“Good night for a fight” è un disco di rotondità melodiche, ottenuto per sottrazione, intelligente nell’alternanza, tra maschile e femminile, delle voci, stralunate quel tanto, ma mai sopra le righe. Come i testi disimpegnati: volti ad evocare il mondo giovanile tra amori, flirt e sex-appeal, con qualche punta d’ironia (“Tidoung”) e poco altro. Come la sezione ritmica e le chitarre: buone idee, senza mai sbilanciarsi o senza mai strafare, se preferite. Quel (voluto?) non osare, che è limite intrinseco, diventa pregio laddove i Kech si fermano a un passo dal somigliare troppo a qualcosa di già sentito, per insistere su un pop che in qualche modo li caratterizzi, asciutto e lineare, senza numeri d’alta scuola (eccezion fatta per la conclusiva “Things”) e senza superpoteri (eccezion fatta per l’accattivante “The coup” e la stessa “Tidoung”). E comunque anche il pop di “Good night for a fight” è un mestiere difficile nella sua apparente semplicità, non foss’altro per il fatto che regala all’ascoltatore mezz’ora abbondante di puro svago. Ma un po’ di distrazione non va confusa in ogni caso con la nobile arte dello scazzo. Quella si che c’ha i superpoteri.
Autore: Fabio Astore