Composto in un lugubre viatico poetico, ecco arrivare a passo lungo il quarto disco in solitaria del leader dei Neurosis Steve Von Till, A life unto itself, una serie di riflessioni, una forma cantautorale personalissima che vive nell’ombra della propria anima, un folk dalle tinte dark desertiche che- a metà strada tra uno Waits costipato e un Lanegan preso da deliri – gira indisturbato in un ascolto che pare guardarsi sempre alle spalle, carico di ombre e paure.
Poche cose, una voce rotta e rauca, una chitarra acustica malinconica, qualche gingillo d’atmosfera, saltuari distorsori (quanto basta per non accostarsi al caos elettrico della sua band madre) e tutta una “notte virtuale” da passare scavando profondamente nell’animo di un qualcosa, alla ricerca ininterrotta di una purezza umana o di una redenzione intima oppure a bilanciare tutte e due, fatto sta che l’artista californiano – in questo nuovo lavoro – vorrebbe creare un “vuoto” sistematico di vitalità, ci riesce a ci si può anche scorgere un delicato/ruvido tot di bellezza.
Disco di ossessioni, appunto deliri, psichedelica malata e tanta grazia mid-malefica inanellata nella tracklist, sette brani che scorrono muovendosi sinuosi e subdoli come crotali del deserto di Sonora, la dolorante vibrazione di In your wings, il buio verticale di A language of blood, Night of the moon o il tocco di pianoforte che da il tempo alla non temporalità di Chasing ghost regalano quella tensione alla Kozelek che “circuisce” chiunque in una manciata di attimi.
http://www.vontill.org/
https://www.facebook.com/SteveVonTill
autore: Max Sannella