Si parte con gli otto minutidi “Back to wilderness”: scossoni rock a stordire frequenze digitali – come un pezzo stoner remixato dai Two Lone Swordsmen? – aloni darkeggianti, sferragliamenti industriali e parabole sintetiche tutti intersecati tra loro… roba da pazzi! Specie considerando che i tre pezzi successivi inscenano perturbanti balletti electro per singhiozzi vocoderizzati (“Ad me”), rotolii e chitarre taglienti su tastiere in tensione continua (“Fly like an apple”), scenografie house per abbaglianti numeri pop (“Spiders”… riuscite forse a non muovere le gambe??).
Joakim si conferma producer di razza che mal si presta a facili etichettature, in moto perpetuo tra sfacciataggine dance, introspezione new wave e impigrimenti synth-jazz.
Posto di fronte a “Milky ways”, all’ascoltatore spettano due compiti soltanto: trovare il percorso giusto (i percorsi giusti?) per orientarsi in questo imprevedibile labirinto sonoro, e subito dopo alzare a palla il volume del proprio impianto stereo!
Autore: Guido Gambacorta