“Kalvingrad” è il disco d’esordio dei Masche, collettivo musicale nato in Canavese nel 2013 che si esprime improvvisando. Il loro è un approccio jazzistico che miscela elettronica e rock. I Masche sono un quintetto i cui componenti hanno alle spalle, e in parallelo, altre intriganti esperienze musicali.
Il titolo del disco “Kalvingrad” è dovuto ai testi che la cantante Cristina Trotto Gatta ha scritto ispirandosi liberamente a “Le città invisibili” di Italo Calvino. Diciamolo subito: un disco così se ne sentiva assolutamente l’esigenza, perché ultimamente sono stati rari i lavori impro con una capacità di catturare l’attenzione anche di coloro che sono meno abituati a certe sonorità. Il sax di Alessandro Cartolari, infatti, si coniuga bene con il basso di Andrea Chiuni e con la batteria di Diego Rosso; su queste ritmiche la voce canta in controtendenza rispetto alla strada intrapresa dai musicisti, anche perché Valerio Zucca Paul all’elettronica le da man forte prendendo anche lui strade del tutto personali. Il risultato finale è quello di un lavoro nel quale emerge la collettività perché prima o poi i percorsi intrapresi dai cinque si ricongiungono in una dialettica musicale onnicomprensiva, grazie soprattutto alla capacità avvolgente delle parti elettroniche.
Le sperimentazioni di “Still”, soprattutto nella seconda parte del brano, evocano quelle degli Area. “Grumi”, invece, appassiona o fa incazzare piacevolmente per quei continui spezzettamenti, perdonate l’ossimoro, ma il percorso intrapreso dal basso viene sovrapposto dal sax e della batteria, per cui le linee musicali subiscono fratture e cadute, ma puntualmente sono in grado di risollevarsi suscitando nell’ascoltatore sensazioni contrastanti che comunque non disturbano. Anche in “Desire” vi sono molti spezzettamenti ma con un’incertezza maggiore e una maggiore propensione alla sperimentazione elettronica con il sax che distende la tensione nel finale. I nove minuti e mezzo di folk sghembo e sperimentale di “Hung” sono un modo per cambiare registro stilistico, mentre con “Puma” il quintetto rende omaggio alla New York dei Velvet Underground e dei primi Sonic Youth. Un lavoro che solo in apparenza è fatto di momenti e sonorità casuali.
autore: Vittorio Lannutti