Esauritasi in fretta la spinta creativa iniziale, la cosiddetta “indietronica”, negli ultimi tempi, è un genere da cui ormai, onestamente, non ci aspettiamo più niente di sensazionale.
L’elettronica “umanizzata”, farcita di morbidezze indie-pop e delicatezza folk, è diventata rapidamente il territorio privilegiato di decine di musicisti con poche idee ed un’infinita carica di malinconia da canalizzare in qualche modo.
Il francese Double U (al secolo Franck Rabeyrolles) potrebbe tranquillamente essere inserito in questa schiera, non brillando probabilmente in originalità. Eppure le sue canzoni fatte in casa, con una chitarra, un microfono ed un computer, sono tutt’altro che trascurabili.
Il ragazzo ha un talento innegabile, nel songwriting. Le sue composizioni – “calde” ed emozionanti, nonostante infarcite di tecnologia – starebbero in piedi tranquillamente anche senza le parti elettroniche. Per capirci: se ad un suo concerto dovessero malauguratamente (non glielo augurerei mai, ovvio!) impallarsi le macchine, il ragazzo potrebbe tranquillissimamente cavarsela da solo.
I glitch, i suonini digitali e i beat sintetici sono una parte importante dell’estetica sonora di Double U, ma Franck non ne è ossessionato, né succube. La sua voce, la sua chitarra, le aggraziate melodie pop e gli apprezzabili richiami al blues, danno spessore ad un disco che si ascolta (e si ri-ascolta) con grande piacere. Speriamo non passi inosservato.
Autore: Daniele Lama