Appena il tempo di strappare un paio di calendari ed ecco riapparire, col nuovo album “Moonshine”, uno dei più promettenti chitarristi di finger style Daniele Mammarella. La seconda prova è, di solito, quella più difficile ed impegnativa che spesso genera ansia da prestazione di dover confermare quanto di buono è stato detto nel momento del debutto. Ma Daniele, con i nuovi 13 brani, non casca nella trappola, affrontando l’opera con uno tocco da veterano, come fosse la cosa più naturale ed incline alla sua dimensione artistica, che comincia a ben delinearsi con prove sempre più convincenti anche sotto al “chiaror di luna”, mettendo in rilievo quell’indiscussa tecnica (acerba all’epoca di “Past, present and let’s hope”) ormai giunta quasi a maturazione definitiva. Il “quasi” ce lo impone il fatto che Daniele, talvolta, insiste su cliché strumentali un tanti nello lineari ma sarebbe interessante condire i pezzi anche di una linea vocale che, non necessariamente, deve essere la sua. In ogni modo, dalla sua sei corde, brilla il blues, folk e pop che fanno trasparire la voglia d’eleganza e quadratura con le quali desidera forgiare i suoi pezzi che, però (intendiamoci!) da “Shadow blues” a “Goodnight” di carne al fuoco ce n’è davvero tanta e gustosa, nella quale si assapora, se vogliamo, un costante sapore estroso ma speziato da strategie fantasiose e mosso a mò di squisito artigianato ritmico. Non è che Mammarella bracchi sempre l’incedere percussivo ma sa anche stanare dal talento tappeti melodici e orchestrazioni finissime. “Moonshine” è, senz’altro per lui, un crocevia basilare per la sua crescita e, visto che sta diventando un virtuoso dello strumento, ora dovrà essere più esploratore globale per dare ancor più compattezza e generosità ai suoi spartiti. Tanto, a uno come lui, tutto gli riesce facile.
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autore: Max Casali