13/09/2013
Lo si aspettava da tempo, a Napoli, il caro Appino. L’abbiamo sfiorato, qualche tempo fa, ad Agropoli. Sembra un caso, forse lo è, terra natìa di chi l’accompagna, tale Enzo Moretto. Fatto sta che a Calvizzano, seppur di fronte ad una manciata di persone, Appino strega. Dopo l’esibizione dei sempre ottimi Dinosauri e dei (forse un po’ meno ottimi) The Sons of Anarchy, il maledetto pisano, versione solista, fa fermare il cuore un po’ a tutti. La grande forza del frontman, oltre a quella di riuscire ad essere hard-core anche in set acustico, è quella (già rimarcata nel disco) di essersi scrollato di dosso qualsiasi forma obbligata d’appartenenza. Non si tratta del “cantante degli Zen Circus”, si tratta di Andrea Appino. O meglio, si tratta di un’entità che è entrambe le cose, una medaglia a due facce, lucide a specchio, tanto da farti guardare dentro, nel profondo dell’anima. La storia (le storie) di Appino sono viscerali e intime, ricche di slancio estetico ma al contempo formulate di pancia. Facile ritrovarcisi dentro. Scherza col pubblico, proponendo tutto l’album e regalando in finale una chicca inedita.
Passa l’esame, dunque, coadiuvato dalla splendida energia di chi il Rockalvi se lo porta addosso anno dopo anno. E nonostante il peso, è ancora in giro con un sorriso sulle labbra.