I Mogwai sono una di quelle band che si odiano o si amano. E che, grazie a dio, non hanno nessuna intenzione di sbattersi più di tanto per conquistare nuovi adepti da trascinare dalla prima alla seconda categoria di ascoltatori. I Mogwai sono una band essenzialmente limitata, capace di apportare dei nuovi elementi (vedi la strumentazione elettronica sempre più presente negli ultimi anni) alla propria formula-sonora, ma sempre restando all’interno di certi limiti auto-imposti. E’ una band da cui non ti aspetti grande sorprese. Ma anche una band a cui i fan non chiedono alcuna sorpresa. “Rave Tapes”, il loro nuovo disco, farà felici quelli che li amano (tra cui il sottoscritto), e farà ancora una volta storcere il naso ai detrattori (“Ma ‘sti Mogwai fanno sempre la stessa cosa?”). E’ un lavoro in cui gli innesti tra i synth e la strumentazione “rock” classica trovano finalmente un equilibrio perfetto (la potentissima “Remurdered”, l’ipnotica “Simon Ferocious”) e in cui le recenti esperienze di autori di colonne sonore (per il documentario “ Zidane: A 21st Century Portrait” e la serie-Tv “Les Revenants” ) contribuiscono a rendere ancora più “cinematici” gli episodi più “atmosferici”, come la splendida “Heard About You Last Night”. E’ un disco in cui non mancano le “classiche” esplosioni soniche à la Mogwai (“Hexon Bogon”), e in cui la band di Glasgow sembra talvolta citare sé stessa (“The Lord Is Out Of Control” sembra uscita da “Rock Action”, “Blues Hour”, l’unico pezzo “cantato” del disco, ricorda “Cody”, da “Come On Die Young”), o i propri beniamini: “Master Card” ha un riff di chitarra che sembra un omaggio alla scena di Louisville che fu (Rodan, June Of 44, Slint). Un disco senza brani “riempitivi” e cali di tensione; probabilmente il loro lavoro migliore degli ultimi dieci anni.
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autore: Daniele Lama