Quali sono i fondati motivi per attribuire agli artisti stima incondizionata, a prescindere dal proprio gusto personale? Riteniamo che sincerità e coerenza siano un ex-aequo di splendide ragioni. Da un trentennio, lo storico collettivo aretino della Casa del Vento porta avanti un credo artistico con tali caratteristiche e la vastità di collaborazioni instaurate in tanti anni con nomi prestigiosi non fa che confermarne l’ideologia in essere, altrimenti una certa Patti Smith non avrebbe rischiato la faccia, affidandogli due brani di “Banga” oppure non sarebbero transitati personaggi come Elisa, David Rhodes, Banda Osiris, Ascanio Celestini, Le Voci della Resistenza, Ginevra di Marco e molti altri senza una credibilità solida e coerente. Ma l’oggi ci consegna il 15° lavoro: alle corde, 10 brani che spaziano tra sortite folk-rock, impennate combact ed inserti roots. L’entrée la riservano alla dinamica titletrack, capace d’offrire un mood appropriato di sudore, lotta, ritmia di boxe e fatica sul ring, che poi non è altro che la parafrasi della vita e sta solo a noi decidere la disponibilità al match, all’impatto, alla reazione per ganci e sberle inferte dal peregrinare quotidiano, mentre per rifocillare l’energia, ecco che ci pensa la dolcezza di Il pane e le spine e La tua vita, forgiate in delicati aspetti ballad.
Invece un tocco di Irish-folk viaggia spedito nella splendida Danza del mare con suggestioni apicali, che troviamo anche nella vibratile Mare di mezzo, incernierata sulla disperazione dei migranti che affrontano viaggi rischiosi pur d’inseguire la luce di una nuova speranza sfidando l’ignoto. Poi, il mandolinio di Fry Moneti fa da intro e da sottofondo a Born in the ghetto, per goderci un’aurea gospel-, mentre il narrato di Neri Marcorè fa capolino in Girotondo a sant’Anna, un paesino toscano nel quale furono cancellate dai nazisti 560 anime e l’atmosfera del brano tocca le corde del cuore in un contesto di cosciente impotenza impresso dal passato ma con l’anelito speranzoso che la storia non riproponga più simili orrori. Una fetta di vellutata nostalgia alligna nella suadente Sulla tua pelle, tra amarcord d’infanzia e adulte prese di coscienza. Scocca il gong dell’ultima ripresa con l’evocativa ballad Kenmare per porre fine ad un fitto incontro di tematiche trattate dalla Casa del Vento con risolutezza e profonda poeticità.
Pertanto, a guantoni sfilati, Alle corde non fa che cementare lo storico impegno sociale del combo toscano, evidenziando ancora esperienza e quadratura progettuale, nell’incrollabile convinzione che nessuno potrà mai persuaderli dal cambiar rotta mentale di un viaggio meraviglioso e stimabile sotto ogni punto di vista, poiché non saranno mai stanchi di scuoterci da un vivere da pugili suonati, assopiti, individualisti e disgreganti. Finchè c’è musica ( la loro) c’è speranza.
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autore: Max Casali