Basta già la copertina di questo album, Centipede HZ degli Animal Collective, per capire quanto questo possa essere indefinibile e apparentemente senza alcun collegamento interno.
Apparentemente, appunto, in quanto questo bell’album di quasi un’ora, rappresenta forse l’acme della produzione della band di Baltimora. Sicuramente ritornati alle origini, o quasi, le sonorità dell’intero lavoro tornano ad essere graffianti e rudi come non mai, lasciando l’ascoltatore nella condizione di semi incoscienza, impossibilitato a capire cosa stia succedendo. Un po’ come quando, appena premuto il tasto play del lettore, inizia Moonjock e sembra di avere a che fare con qualche inedito dei Matmos. Sensazione che lascia il tempo che trova, appena David “Panda Bear” Portner apre la bocca per cantare.
Bei ritmi serrati, acidi, taglienti, accompagnano la produzione dell’intero album, affiancandosi a distorsioni facilmente definibili al limite della follia, interferenze radio e giocose melodie infantili, in un contrasto da montaggio cinematografico delle origini. Particelle di tempi, luoghi e generi diversi si scontrano, facendo abbracciare Brandon Flowers dei Killers con il sommo Smith dei Cure, mentre Alex Turner delle scimmie artiche e Taylor Rice (Local Natives) discutono di chissà quale questione che va oltre l’umana comprensione. Ma per quanto possa sembrare un album di difficile ascolto, Centipede HZ è gradevole come pochi altri e già Today’s Supernatural, seconda traccia e singolo dell’album, ne è la prova. Così come d’altronde è Applesauce, meno veloce, un tantino meno sperimentale (per quanto una definizione del genere possa essere piuttosto riduttiva per questo manipolo di pazzi/geni) ma facilmente riconducibile ad una sorta di forma-canzone che risulta essere molto meno presente nel resto dei brani.
Degne di nota Monkey Riches (sghembe costruzioni melodiche su un substrato di percussioni spigolose, testi come un inquietante mantra ma con aperture rinfrancanti alla fine delle strofe) e Amanita, traccia di chiusura “semi-ballad”, più leggera e armoniosa, tonda e quasi prevedibile in alcune occasioni. Un ottimo lavoro, dunque, la cui lettura potrebbe risultare a tratti complicata e non di facile interpretazione.
Ma il gioco vale la candela, senza dubbio alcuno.
Autore: A. Alfredo ‘Alph’ Capuano