Penny Ikinger non è un nome noto per chi non è addentro alle “segrete cose” del rock australiano. Ed è un vero peccato. Perché l’affascinante chitarrista di Melbourne è sulle scene dei nostri antipodi da quasi trent’anni.
Prima con i formidabili Wet Taxis, poi con il pianista Louis Tillet e, a partire dal 1990, con una serie di nomi assai noti dell’Aussie-rock come Tex Perkins (Beasts of Bourboun) e Kim Salmon (Scientists, Beasts Of Bourbon, Surrealists). La sua carriera solista invece prende avvio, discograficamente parlando, nel 2003 con la pubblicazione dell’album “Elektra”.
Adesso, preceduto dall’Ep “Fragile” dello scorso anno, arriva il secondo disco in solitario per Penny.
In solitario per modo di dire, visto che la rocker australiana si fa accompagnare nelle dodici tracce di “Penelope” da una moltitudine di amici musicisti, tra cui spiccano i nomi di Deniz Tek (Radio Birdman), a cui pure è dedicato il disco, Ron Peno (Died Pretty), Ron Sanchez (Donovan’s Brain), i francesi Vinz Guilly e Demi Dero, Charlie Owen (Beasts of Bourbon).
Non è la solita “all star band” messa su per attirare qualche attenzione sul disco, ma una congrega di musicisti di altissimo livello che funziona a meraviglia su queste canzoni. Canzoni che compongono un viaggio sonoro dalla forte impronta chitarristica, con tempeste di feedback e fuzz, a metà strada tra il noise e lo shoegazer. E con un’arma in più: la voce suadente e sensuale di Penny che avvolge tutte le composizioni e le marchia a fuoco con la sua timbrica personale.
Come ci svela subito la splendida “Into The Slipstream” posta sui solchi iniziali, con quel suo incedere sinuoso ed ipnotico che si avvale però di una ritmica tribale. In “Montana To Mexico” è la chitarra al contempo tagliente e psichedelica di Deniz Tek a tenere alta la tensione, mentre “Fragile” è un episodio delicato e quasi impalpabile. “Heart Song” viaggia su territori noise alla maniera dei Sonic Youth, con la voce sensuale di Penny che si inarca sulle trame ipnotiche degli strumenti.
La parte centrale soffre di una certa monotonia, ma il disco riprende subito quota con “Dirty Pool”, una canzone minimale, notturna, intimista che in più di un passaggio ricorda la migliore PJ Harvey. E se “Impossibile Love” è il brano più accessibile, e pop, della raccolta, “Memories Remain” è una ballata elettrica dove è Ron Peno dei Died Pretty a duettare alla voce con Penny.
“Pieces Of Glass” è invece l’episodio più solare e apertamente rock’n’roll del disco, un pezzo convincente e coinvolgente che cede il passo alla conclusiva “City Of Sin” l’ennesima tentazione minimale e ipnotica di “Penelope”. Un disco che cresce con gli ascolti e ti entra dentro poco a poco fino a conquistarti.
Autore: Roberto Calabrò