Annunciato da fine febbraio per Bella Union, il, quarto disco dei Lanterns on the Lake, Spook the Herd, vede la conferma di toni e melodie dream-indie pop per la band della deliziosa voce di Hazel Wilde e compagni/e.
Il disco è stato annunciato dal primo singolo Every Atom, così descritto da Wilde: “Questa è una canzone che racconta il lutto e quanto sia lungo il processo per il proprio subconscio ad accettare la morte di qualcuno, nonostante il proprio lato razionale capisca la situazione. Ho inserito questo pensiero in una storia dove il narratore è il mio subconscio ed è alla ricerca di qualcuno in questo mondo immaginario e simile ad un sogno. Raggiungo i limiti per cercare anche solo una traccia di esso…attraverso lo spazio e il tempo, dividendo ogni atomo, ‘fino al punto in cui Andromeda e la via Lattea entrano in collisione’. Non mi arrendo, non posso lasciar perdere.”
Grande intensità in effetti per questo pezzo, introdotto da batteria sincopata su cui si innestano subito archi e piano, nella migliore tradizione Lanterns.
Wilde è stavolta anche la principale creatrice dei brani, costruiti in solitudine prima che la band li sviluppasse e perfezionasse, e registrati nello Yorkshire, ai Moving Distant Studios, dove i lavori sono terminati in sole tre settimane.
Intensi anche i testi, che nelle intenzioni di Wilde vanno dall’esplorazione del microcosmo individuale alla polarizzazione della politica, ai social media, alle forme di dipendenza, fino alla crisi climatica. Microcosmo e macrocosmo che si interfacciano insomma, e si fondono nella visione artistica di Wilde e di tutta la band, che usa tutto il suo solito stile sublime-epico per raccontare queste storie.
E qui si avverte invece il lavoro di produttore del chitarrista Paul Gregory, che confeziona ancora una volta, come i Lanterns ci hanno mostrato sin dall’esordio con Gracious Tidee take me home del 2013, un album musicalmente perfetto in termini di interazione fra strumenti e fusione di atmosfere e melodie. Il meglio di questa alchimia lo troviamo, oltre che nel citato singolo, anche in When it All Comes True, ottimo esordio del disco, e in Before the Excavate, che inizia in sordina con piano e voce quasi blues, ma poi si apre con cori e batteria e scie di sottofondi di archi che danno al pezzo il “marchio Lanterns”.
Stesso discorso si può fare per Secrets and Medicine, che pure inizia con piano e voce, ma subito si insinuano archi seducenti che accompagnano la voce ecoizzata di Wilde e ampliano il respiro del pezzo, solo che qui manca il momento “epico-tempestoso” e la batteria è praticamente assente.
Segna il passo anche Baddies, tentativo riuscito a metà di introdurre con una incalzante batteria più ritmo ai pezzi dei Lanterns che di solito vivono di pura atmosfera.
Il tentativo riesce invece pienamente in Blue Screen Beams, che vede la batteria protagonista sin dall’inizio di un crescendo che si interrompe poi nel pre-ritornello per riprendere e elevarsi ancora nel refrain solenne, attraverso una struttura musicale che serve alla Wilde per cantare quello che è in questo disco forse il suo pezzo più arrabbiato e politico.
Tuttavia il messaggio finale del disco resta un messaggio intimo e affettivo: nonostante le innumerevoli differenze, tutto quello che abbiamo resta sempre il nostro esserci l’uno per l’altro. Una luce piccola che nelle intenzioni di Wilde deve illuminare il cinismo crescente della nostra epoca, annunciata nel brano A Fitting End, dove Hazel, accompagnata stavolta da una sola chitarra acustica arpeggiante, dice “che momento-perfetto—per-morire sta diventando questo”, chiudendo il disco con un messaggio senza dubbio cupo ma anche, sperabilmente, controvertibile.
http://www.lanternsonthelake.com/
autore: Francesco Postiglione