Per fortuna ci hanno preso gusto i Guano Padano e così eccoci ad ascoltare e recensire il secondo lavoro del trio padano, i cui due terzi sono più famosi per essere il chitarrista (Alessandro Stefana) ed il batterista (Zeno De Rossi) di Vinicio Capossela.
Il trio poi è completato dal bassista jazz Danilo Gallo. In questo secondo lavoro hanno partecipato numerosi musicisti di cui altri due che accompagnano il cantautore nato ad Amburgo e di orgine irpine: Vincenzo Vasi ed Achille Succi, oltre a Mike Patton e a Marc Ribot (anche quest’ultimo chitarrista di Capossela), Tom Waits e John Zorn.
La cosa che intriga di questo trio è che non ha nulla da invidiare ai grandi nomi di cui sopra, in quanto ad approccio e a professionalità sono di sicuro livello ma sente ancora l’esigenza di farsi accreditare da nomi altisonanti al grande pubblico; così se nell’esordio “El divino” avevano incaricato i Calexico di scrivere le note di copertina per questo “2” le ha affidate a Marc Ribot.
Ciò non guasta, anzi, ma spero che per il terzo lavoro il trio si divincoli dalla necessità di ricorrere alle note di un grande nome, perché anche se suona un genere nel quale omaggia certe sonorità americane, lo fa con totale autonomia ed una professionalità incredibili.
“2” scorre con molto piacere è un gran bel disco perché come scrive Ribot nelle note, i Guano Padano sono riusciti a coniugare le musiche di confine. Tuttavia si tratta del confine tra Usa ed Italia, in quanto le sonorità che caratterizzano maggiormente questo disco sono il surf, il country, il blues e il western morriconiano.
Così in “Gran bazar” Stefana guida il trio con il surf della sua chitarra, in “Nashville” omaggia la capitale del country, mentre Patton presta la sua voce a “Praie fire”, l’unico brano (cantato) cupo ed inquietante, non molto distante dai primi Fantomas. C’è l’omaggio ai western di Sergio Leone, musicati da Morricone, che esplode in variegate cavalcate, nelle quali c’è lo zampino di Ribot.
“Lynch” è dedicata all’omonimo regista, con ospiti Succi e Vasi, dove quest’ultimo grazie al sapiente uso dei theremin, riesce a scalfire l’inconscio onirico dell’ascoltatore. Non c’è che dire, veramente un disco godibilissimo!!!
Autore: Vittorio Lannutti