E’ uscito il 29 aprile Everything At Once, il nuovo atteso album dei Travis, sempre per Red Telephone Box, e prodotto stavolta da Michael Ilbert, nei leggendari Hansa Studios di Berlino.
Dieci canzoni da non più di quattro minuti, perché, come dice il leader Healy, “Non c’è bisogno di dilungarsi. Abbiamo imparato ad essere più misurati nella nostra scrittura. Si può dire tutto quello che si vuole dire, non c’è bisogno di quattro minuti per farlo”.
Dopo tre anni da Where We Stand, top 3 nella classifica inglese, Everything at Once si presenta con tutte le carte in regole per confermare il successo ormai quasi ventennale della band, nota al grande pubblico dai tempi di The Invisible Band, che conteneva l’indimenticata Sing, che sicuramente ha aiutato i Travis a segnare due album al 1° posto in classifica e cinque singoli entrati nella top ten inglese, due Brit Awards e oltre 8 milioni di dischi venduti nella loro illustre carriera.
Il successo dei Travis è sicuramente legato al loro pop-rock leggero e dolce, reso soave e suadente dalla voce di Fran Healy e dall’immancabile sottofondo delle chitarre acustiche di Healy e di Andy Dunlop, con Dougie Payne al basso e Neil Primrose alla batteria a fare da base ritmica.
Come di consueto, qui si alternano pezzi più dinamici ed elettrici come Radio Song, Magnificent Time, o la title track, a pezzi “tipicamente” Travis, cioè semiacustici e pop, come What will Come, 3 Miles High, Animals e Paralysed.
Sempre come tradizione di questa band, si segnalano pezzi gioiosi e solari come What will Come, Magnificent Time o Everything at Once, ma una piccola novità è che ci sono più del solito pezzi malinconici e più “celtici”, e dai testi riflessivi e cupi, come Idlewild, All the Places, Paralysed, Animals, 3 Miles High, mentre non manca la tradizionale ballata lenta di chiusura, la splendida Stranger on a Train, tutta da gustare e da ascoltare nonostante sia il pezzo di chiusura.
Complessivamente, l’album si gusta come uno short dolce da bere tutto d’un sorso: la breve durata di ogni pezzo lo rende davvero apprezzabile tutto d’un fiato, e immediatamente riconoscibile come album dei Travis. Chiunque abbia ascoltato almeno una volta nella vita Sing (ed è difficile che qualcuno non l’abbia ascoltata almeno una volta!!) riconoscerà immediatamente, già dalle prime note di 3 Miles High, di What Will Come, di Magnificent Time, di All the Places, lo stile inconfondibile, il che può anche essere visto come un difetto. I Travis infatti sono senza dubbio come il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno: inossidabili nella loro costanza nel fare sempre lo stesso tipo di musica, ma proprio per questo non proprio capaci di grande rinnovamento (il loro album più “sperimentale” resta 12 Memories).
Tra i due modi di vedere il bicchiere, scegliamo comunque il mezzo pieno: l’album, pur nella sua brevità o forse proprio per questo, è troppo ben fatto e gradevole per riuscire stucchevole o ripetitivo. Pur sempre pop più che rock, ma è un pop di raffinata esecuzione. E allora, se pop deve essere, lunga vita ai Travis.
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autore: Francesco Postiglione