Suggestioni e collane realizzate a mano. Ritmiche e saliscendi che impennano su picchi e pelle d’oca. Il fascino immutabile dello spleen, le sfaccettature imperscrutabili della voce. Lanciare lungo la notte luminescenze lunari, dove nessuna vista restituisce un manto diffuso che affiora dalla coltre di nubi. La grazia e il dolore. Lettere e testamento. Echi islandesi, ghiacci e albe. Diari intimi. Fiumi e spiriti. Trascurabili confini alla notte, deserti oscuri da attraversare. Perdere il tatto guardando cieli neri, come mare aperto. Spire di città anonime, sui bagnasciuga. Malinconicamente intima, Sarah Worden. Nelle sue corde l’equilibrio e il fuoco del secondo lavoro, prova che segna e marchia. Il risultato è un disco che resta in piedi e prova a volteggiare, senza vertigini o peripezie stucchevoli. In certi momenti il tessuto sonoro perde i colori sfumando trasparenza. Purezza da perderci. “Inside a Boy”. Le riflessioni sopravvengono quando arrivano i rimandi test elettrici -radio, le fughe nei ghiacci e l’humus di certi posti immaginari nordamericani. Il gusto profondo non è costante, ma a tratti ampi avvinghia. Siamo alla finestra, osservando in silenzio immobile un autunno strano e solitario. Gelido più che mai. Quasi addormentato, nelle zolle scure, in letargico splendore scintillante. Minuetti cameristici, passi di piano, strutture e dettagli. “Apples”. “Goodbye forever”. Arie e classe. Un impercettibile pegno “Cocteau”, un inchino a Kate Bush. Voce a vorticare nel cristallo, che in sordina arriva all’impronta originale di alcune vette. Una su tutte, “To Pluto moon”, che naviga fluida fino a stagliarsi nelle grazie indimenticabili. All’ombra di un fantasma estivo, perso nel Mississipi. Su qualche luna.
Autore: Alfonso Tramontano Guerritore