autore: Fausto Turi
Irrobustita leggermente la propria musica in chiave elettrica già a partire dal precedente I Love you Fortissimo (2010), i genovesi Numero 6 giungono ora, con Dio c’è, ad un perfezionamento stilistico che s’abbina ad una maturazione definitiva della scrittura, e questa passa sia dai testi di Michele Bitossi – ormai tra i principali autori indie rock italiani, come anche il disco solista a nome Mezzala ci ha mostrato in Primavera – che dalle musiche più schiette e dalle tante soluzioni d’arrangiamento – fiati, sintetizzatori, mellotron, cori e voci femminili a render tutto più imprevedibile – che riducono molto l’utilizzo dell’elettronica, dopo la fuoriuscita di Filo Q dal gruppo, ed anche la seriosità quasi post rock di un tempo, ad esempio della collaborazione con lo scrittore Enrico Brizzi nel comunque interessante disco + spettacolo del 2008 intitolato Il Pellegrino dalle Braccia d’Inchiostro.
I nuovi Numero 6 sono Michele Mezzala Bitossi (voci, chitarre, arrangiamenti), Pietro Bosio (basso), Federico Lagomarsino (batteria, percussioni), Tristan Martinelli (chitarre, bassi, pianoforti, arrangiamenti, cori) e Stefano Piccardo (chitarre, cori), ed insieme risultano ironici narratori – ‘Storia Precaria’, ‘Domatore di Coglioni’ e ‘Crash’ – magistrali arrangiatori – ‘Persone che Potresti Conoscere‘, ‘Mi Arrendo’, ‘La Vita Sbrana’ – e le 13 canzoni di Dio c’è contengono vari episodi che li confermano ancora una volta tra i gruppi di punta di una certa generazione di mezzo del pop rock italiano cantato in lingua nazionale, dal forte valore cantautorale, assieme a Mariposa, Virginiana Miller, Max Gazzè e Perturbazione; di gran classe la metafora delle vipere nel ritornello di ‘Mi Arrendo’ e l’osservazione dell’ombra e della luce in ‘La Vita Sbrana‘, coinvolgenti i racconti insoliti di amori in equilibrio precario – il trittico ‘Low Cost’, ‘Scappa Via’ e ‘Crash’ – mentre un altro aspetto ben a fuoco nel disco è la scelta di portare avanti una narrazione lucida del nostro pessimo quadro sociale, senza tuttavia insinuare violenza o avvilimento; ‘66’ poi è il racconto autobiografico di un’amicizia paritaria padre figlio, mentre davvero inclassificabile – al contempo epica ed ironica – la conclusiva, zeppeliniana ‘A chi è Infallibile’.
Dunque il livello medio è alto, senza cadute di tono, con vari ospiti a contribuire tra i quali Colapesce alla voce nella delicata ‘Un Mare’, forse involontariamente in stile Wolf Parade, mentre altrove alla voce ci sono anche unePassante e Giulia Sarpero, e poi ad archi e ottoni: Ivan Bert, Cosimo Francavilla, Jacopo Ristori, Damiano Baroni, Stefano Cabrera.