Gruppi rock come questo, soltanto negli Stati Uniti possono vedere la luce. E di solito hanno vita breve, perché la maggior parte di essi, appena raggiungono due grammi di successo, finisce imbalsamata e tutta l’ingenua creatività degli esordi, chissà perché, svanisce, semplicemente si dissolve. I Dusty Rhodes and the River Band sono sei giovani, colorati e simpatici fricchettoni, californiani non ancora giunti al vero successo – nessuno di loro, ad ogni modo, si chiama Dusty Rhodes…! – che suonano un entusiasmante, festaiolo folk rock anni 70, con strumenti acustici ed elettrici, copiosi inserti di violino, mandolino, fisarmonica e banjo su uno spesso substrato di chitarre, batteria ed hammond, e ritornelli urlati che alzano il tono dei pezzi, quasi tutti belli, e quasi tutti di buon gusto pop nella scrittura e soprattutto nell’arrangiamento, spesso volutamente pomposo ed ariosamente progressive. Abbondano anche handclapping e coretti a più voci, che raggiungono l’apice nel gospel ‘To the Truck’, grottesco ed esilarante, quando tutti e sei – 5 ragazzi ed una ragazza – cantano a squarciagola, in perfetto stile Harlem: “Oh Lord, now I can’t Wait to be Free…”. Ovviamente anche in Europa c’è qualcosa del genere, con gruppi tipo Gogol Bordello, Bandabardò, I’m from Barcelona e Jethro Tull, ma i River Band, a cominciare da quella copertina del disco, evidentemente stile b-movie anni 50, hanno uno slancio folk, come dicevo, prettamente americano, che ricorda i dischi di Bob Dylan periodo 1976-1978, tipo ‘Desire’ o ‘Street Legal’, quando il cantautore riuscì nuovamente a reinventarsi, stavolta in chiave zingaresca. Qualche eccesso fracassone della River Band, ovviamente, potrà dare fastidio all’ascoltatore più raffinato del rock, ma non credo a coloro che davvero amino gli anni 70, e l’America nel suo complesso.
Autore: Fausto Turi